La prima missione di Papa Francesco in Myanmar entra nel vivo: nel suo secondo giorno sono previsti una serie di incontri istituzionali nella capitale Naypyidaw. Primo fra tutti quello con il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. La leader democratica, oggi ministro degli Esteri e Consigliere di Stato, è stata condannata più volte dall’Occidente per non aver preso una posizione sulla questione dei rohingya, la minoranza musulmana costretta a rifugiarsi in Bangladesh perché perseguitata dal governo militare.
Domenica, prima di partire per l’Asia, il Pontefice aveva chiesto ai fedeli di accompagnare con le preghiere il suo viaggio, costellato di tensioni e insidie diplomatiche. Prima fra tutte parlare dei “rohingya”, pur non potendo nominarli. Usare quel termine, secondo la Chiesa cattolica birmana, avrebbe schierato automaticamente il Papa in una direzione, non favorendo certamente il dialogo. Il gruppo etnico di religione islamica non è infatti riconosciuto all’interno del Paese. Meglio parlare quindi di “minoranza musulmana del Rakhine”, come ha spiegato il primo cardinale birmano.
Intanto, lo staff del generale Min Aung Hlaing, capo dell’Esercito, che ieri ha incontrato Francesco, fa sapere che l’alto ufficiale ritiene che nel Paese «non c’è persecuzione né discriminazione religiosa».
Questa mattina Papa Francesco ha incontrato diciassette esponenti di religioni diverse. «Ogni confessione ha le sue ricchezze, le sue tradizioni, qualcosa da dare. E ciò è possibile solamente se viviamo in pace, che si costruisce nel coro delle differenze. L’unità implica sempre la diversità», ha detto Bergoglio ai presenti.
È seguito l’incontro con il presidente della Repubblica, Htin Kya, e subito dopo il colloquio con Aung San Suu Kyi. Ventitré minuti in cui la leader democratica si è confrontata sulla “minoranza musulmana del Rakhine” e sulle sfide che un paese come la Birmania deve affrontare dopo anni di dittatura. Il Pontefice, secondo il Premio Nobel, sarebbe un “buon amico”. Sono stati saldati nuovamente legami antichi. San Suu Kyi ha ringraziato la Chiesa per il contributo alla storia e in prospettiva al futuro del Paese. «Continuiamo a camminare insieme con fiducia», avrebbe detto rivolgendosi al Papa in italiano.
Al termine del colloquio, sia il Pontefice che la leader democratica si sono recati nell’International convention center, dove entrambi stanno tenendo un discorso. «L’arduo processo di costruzione della pace e della riconciliazione nazionale può avanzare solo attraverso l’impegno per la giustizia e il rispetto dei diritti umani», ha detto Bergoglio alla platea di diplomatici.