Ergastolo per Ratko Mladic. A deciderlo, a venticinque anni dai crimini commessi in Bosnia, il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia dell’Aja. La sentenza di primo grado condanna così l’ex comandante dell’esercito serbo-bosniaco per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati durante la guerra in Bosnia. In particolare, il giudice Orie ha confermato che a Srebrenica fu genocidio. Nella sentenza si legge infatti che Mladic volle perpetrare persecuzione, sterminio, assassinio e atti disumani attraverso trasferimenti forzati.
Durante la lettura del verdetto, il giudice del Tribunale di Bruxelles ha dovuto allontanare Mladic dall’aula a causa di un suo violento scatto d’ira contro la corte. Inizialmente l’ex generale aveva preso parte all’udienza ascoltando a testa bassa le atrocità che venivano ricordate dal giudice. Esecuzioni di massa, torture, deportazioni e stupri, sono solo alcuni degli atroci crimini contestati all’ex generale. L’avvocato difensore di Mladic, inoltre, aveva richiesto di posticipare il verdetto a causa di una serie di crisi di ipertensione del suo assistito, ma il giudice ha negato la richiesta. Prima dell’episodio che ha causato l’allontanamento dall’aula, il “boia di Srebrenica” aveva chiesto e ottenuto un’interruzione di un quarto d’ora per poter andare in bagno.
A fare luce sull’operato di Mladic – oltre alle testimonianze – hanno contribuito anche i suoi diciotto quaderni di appunti scritti durante gli anni della guerra nell’ex Jugoslavia: pagine da cui emerge tutto il suo odio per i musulmani, oltre che verso l’Occidente, colpevole – a suo dire – di appoggiare i bosniaci.
Tra le accuse più gravi nei confronti di Mladic l’assedio di tre anni di Sarajevo ed il massacro di ottomila musulmani nell’enclave di Srebrenica, nel nord-est della Bosnia, la peggiore esecuzione di massa in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Furono oltre centomila i morti della guerra in Bosnia, dal 1992 al 1995. L’ex capo militare non ha mai riconosciuto le proprie responsabilità, ma nonostante questo la difesa aveva chiesto la scarcerazione. Il tribunale dell’Aja ha invece dato ragione all’accusa che aveva richiesto la detenzione a vita.