Un’aula strapiena, oltre 500 accreditati, tra cui rappresentanti delle Corti supreme, un gran numero di legali italiani e anche di studenti. Una platea da record, quella che questa mattina ha preso parte alla prima e unica udienza dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sul ricorso presentato da Silvio Berlusconi contro la sua decadenza da senatore e l’ineleggibilità alle prossime elezioni politiche.
A impedire la candidabilità dell’ex premier è la cosiddetta legge Severino, votata all’unanimità nel 2012 dal parlamento italiano, secondo la quale Silvio Berlusconi, condannato nell’agosto 2013 a quattro anni per frode fiscale, non potrà candidarsi fino al 2019.
Un vero e proprio congelamento politico, contro cui l’ex premier ha presentato un ricorso nel 2013, ritenendo che i suoi diritti siano stati violati. Tra le tesi difensive, c’è il fatto che la Severino sia stata applicata ad un reato compiuto nel 2004, prima che la stessa legge venisse approvata. Ma tra le anomalie contestate dai legali di Berlusconi è spuntata anche l’ipotesi che contro il Cavaliere al Senato, nel dicembre 2013, ci sia stato un voto palese e non segreto, “come invece avrebbe dovuto essere”. Secondo il team di avvocati quel voto avrebbe leso il diritto primario di essere giudicato in modo del tutto libero e imparziale. “Il governo italiano ha rispettato la Convenzione dei diritti dell’uomo e nessuna violazione può essergli attribuita”, ha ribadito in Aula Maria Giuliana Cevenini, rappresentante dell’esecutivo italiano.
Dopo poco più di due ore dall’inizio la Corte si è riunita in camera di consiglio, ma per chiudere definitivamente la partita occorrerà attendere diversi mesi. “Sono sereno e fiducioso. Mi aspetto che in tempi contenuti la Corte accolga il mio ricorso”, ha detto Berlusconi in un’intervista a Repubblica, ribadend che, indipendentemente dalla questione della sua candidabilità, scenderà in campo alle prossime elezioni per portare il centrodestra al governo.