Per il Presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso non esiste più il Pd che conosceva e sosteneva. “Il Pd era quello del bene comune, quello di Bersani insieme a Sel. Quelli erano i principi e i valori in cui credevo io, ragazzo di sinistra, che aveva avuto per tutta la vita compressa questa sua natura dei valori di uguaglianza dei diritti e di libertà”. Sono queste le parole che ha usato il Presidente del Senato durante il Festival della Letteratura di Pescara. E alla domanda incalzante di Luca Sofri risponde: “Non so se sono uscito io dal Pd oppure è il Pd che non c’è più”.
Adesso Grasso non vuole più compromessi, ma la possibilità di poter esprimere se stesso: “Sono passato da una funzione di magistrato ad una funzione ugualmente istituzionale, non ho potuto fare la politica di scontro, ma nemmeno la politica di suggerimento” e dalle sue parole sembra di capire che, se ci saranno le condizioni per farlo, sicuramente non lo escluderà a priori. Una risposta che potrebbe lasciare aperto uno spiraglio alla proposta di Pier Luigi Bersani di lanciarlo come candidato premier per un’ipotetica lista di centrosinistra. Il leader di Mdp è infatti convinto che “Ha il profilo giusto per la premiership”.
Intanto Matteo Renzi è sotto pressione nel Pd. Le minoranze interne gli chiedono di spendersi di più nella ricerca delle alleanze, soprattutto a sinistra, cercando l’apporto di Prodi, Veltroni, fino a Letta. Parlando con i giornalisti all’indomani dell’incontro con Franceschini sul treno Dem, Matteo Renzi dice di aver parlato con il ministro Orlando, sostenendo che non ci sono problemi nel Pd. “Siamo tutti d’accordo sulla linea dell’apertura”, afferma il segretario del partito democratico.
Le dichiarazioni di Renzi non sembrano convincere però Goffredo Bettini, europarlamentare del Pd che, in un’intervista a Repubblica, dice che se Matteo si sente il “Macron italiano”, può benissimo formare il suo partito a sua immagine. “Sarebbe un atto di onestà, seppure spericolato e ricco di incognite per tutti. Ma finirebbe un tira e molla dentro il Pd destinato a produrre una serie di successive separazioni”, continua.
L’ex Coordinatore della Segreteria nazionale del partito democratico auspicherebbe a costruire una vera alleanza politica per le elezioni, indicando anche un candidato premier unitario. Ma mettendo in conto – sottolinea – una rinuncia preventiva di Renzi alla premiership, altrimenti salta l’accordo politico salterebbe. Bettini infine, citando Stalin degli anni Trenta, suggerisce una doppia operazione: “Marcare le differenze nel proporzionale e ricercare una emergenziale e transitoria alleanza per la democrazia, una intesa tra tutte le forze antifasciste circoscritta ai collegi maggioritari”.