Alle 14 di oggi la delegazione del Milan, guidata dall’amministratore delegato Marco Fassone, presenterà la domanda di voluntary agreement ai rappresentanti del Financial Body della Uefa. Con lui l’executive director, David Han Li, e l’ad di Milan China, Marcus Kan. All’interno, i costi del mercato 2017 (230 milioni) dovrebbero essere stati spesati sul bilancio dello scorso giugno, tramite il sistema delle aliquote decrescenti. Inoltre il piano di espansione non si dovrebbe fermare soltanto alla Cina, ma proporre un allargamento anche in altre zone dell’Asia, dove il Milan è la squadra più seguita dopo il Real Madrid.
Per approvare il business plan della squadra, Nyon ha tempo fino a Natale, ma arrivano voci di un risultato già nel pomeriggio. Se dovesse arrivare l’ok dalla Uefa, il Milan potrebbe derogare dai vincoli del Fair Play finanziario e raggiungere così il pareggio del bilancio entro il 2021.
Introdotto dalla UEFA nel settembre 2009, il Fair Play finanziario è un progetto che mira all’estinzione dei debiti contratti dalle società calcistiche, fino a permettere loro di raggiungere l’auto-finanziamento. In aggiunta all’obbiettivo principale, si punta anche a limitare l’inflazione nel mondo del calcio, alla responsabilizzazione delle società e all’incoraggiamento in investimenti produttivi.
Nel caso in cui Nyon non ritenesse sostenibile il piano di rientro della squadra rossonera, potrebbe rimandarla ulteriormente a gennaio del prossimo anno, per la firma di un settlement agreement, una forma di patteggiamento. In questo caso, il piano risulterebbe maggiormente vincolante e prevedrebbe sanzioni economiche e limiti alla rosa del club, come accadde in precedenza a Inter e Roma. In caso di multa, la cifra potrebbe arrivare fino a 20 milioni di euro ed è probabile che, in tale eventualità, la Fininvest berlusconiana potrebbe essere nuovamente coinvolta.
Lo scorso giugno il Milan era già stato rimandato “amichevolmente” dalla Uefa, che aveva suggerito di tornare per nuovi controlli dopo aver sistemato le quote di ricavo sugli acquisti fatti in Cina. Il club milanese però si difende, affermando che questa è la prima vera prova per il dossier rossonero.