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HomeCronaca Emergenza idrica a Roma. Ancora troppe poche piogge, ma gestione più calibrata

Emergenza idrica a Roma
pioggia ancora insufficiente
ma gestione più calibrata

Pirritano (Acea Ato2) a Lumsanews

“Quattromila riparazioni nella rete”

di Marina Lanzone09 Novembre 2017
09 Novembre 2017

Lorenzo Pirritano è l’ingegnere responsabile della gestione operativa di Acea Ato2, la società del gruppo Acea che gestisce il Lazio centrale, cioè la zona di Roma e altri 111 comuni. In un’intervista a Lumsanews ha parlato di crisi idrica e delle scelte adoperate dalla sua società in riferimento a questo ultimo grave periodo di siccità nel Lazio come in molte altre regioni italiane.

Ricostruiamo l’accaduto. Se dovesse dare una data d’inizio alla crisi idrica, da quando la farebbe partire? Quando sono arrivate le prime segnalazioni?

«Non è arrivata alcuna segnalazione in tal senso, anzi siamo stati noi ad alzare il livello di attenzione per quanto stava accadendo. Abbiamo cominciato a temere lo stato che si è poi palesato in estate già dalla fine dello scorso anno. Abbiamo avviato una serie di interventi d’emergenza per realizzare opere che aumentassero la disponibilità di risorsa idrica per l’uso potabile. A fine maggio abbiamo convocato presso il nostro Centro La Fornace tutti i Sindaci dei Comuni dell’ATO2 per esporre la situazione e i rischi cui si sarebbe andato incontro se non fossero arrivate le piogge. Come evidente a tutti non è piovuto, le temperature sono risultate più alte della media del periodo e le conseguenze sono state più critiche delle previsioni. Basti ricordare che è la prima volta nella storia che sia la Regione Lazio che la Presidenza del Consiglio dei Ministri dichiarano lo stato di emergenza siccità per il Lazio. Lo stesso è avvenuto in tante regioni italiane ad ulteriore dimostrazione della particolare siccità che ha contraddistinto fino ad oggi questo anno!»

 

La stampa è venuta a conoscenza della situazione per la vicenda del lago di Bracciano. Quale soggetto aveva l’incarico di misurare i livelli dell’acqua?

«Premettiamo che siamo il Gestore del Servizio Idrico Integrato e tra le fonti dalle quali poter prelevare per svolgere il compito assegnatoci vi è anche il Lago di Bracciano. La concessione alle captazioni è stata data nel 1990 e prevede la derivazione media di 1.100 litri al secondo ed una punta che può raggiungere i 5.000 in caso di emergenza. Il valore medio del prelevato dall’inizio dell’anno è inferiore ad 800 litri al secondo, la massima portata derivata non ha mai superato i 2.000 ed il nostro prelievo è oggi nullo essendo stato interrotto il 14 settembre. Noi abbiamo effettuato da sempre – ovvero dal 1990 – misure di portata, di livello ed anche analisi sulla qualità delle acque ma nella concessione non esistono vincoli sui livelli per i quali assumere particolari accorgimenti. Il livello del Lago, definito da molti fattori, alcuni naturali come la pioggia e l’evaporazione ed altri antropici come i prelievi, continua a scendere anche dopo l’interruzione delle captazioni. Quindi è evidente che ad Altri competeva e compete questo tipo di controllo».

Viene detto che l’Acea prelevava solo 8% da Bracciano, una piccola quantità rispetto al flusso quotidiano. Ma davanti all’annuncio del governatore Nicola Zingaretti del 22 luglio (richiese di sospendere le captazioni dal Lago), l’Acea rispose che bisognava ridurre l’acqua ai romani. Perché fu proposta questa soluzione?

«La rete di Roma è complessa e non gestibile come quella di un piccolo centro per il quale la semplice chiusura di una valvola può limitare il consumo di una ben definita zona. Le manovre per turnare la città potevano essere pensate solo se operabili da remoto, ovvero dalla Sala Operativa Ambientale, ed avvenire con rapidità. Lo scenario pensato e proposto prevedeva l’abbassamento delle pressioni notturne in alcune zone operando delle deviazioni delle portate verso i serbatoi di accumulo che si sarebbero riempiti di notte per poter poi compensare di giorno una minore disponibilità di 800 litri al secondo, corrispondente al soddisfacimento di una popolazione di oltre 300.000 persone. Da qui è anche facile comprendere come l’operazione necessaria ad accumulare una tale quantità di risorsa interessasse solo alcuni grandi serbatoi mentre di contro il flusso deviato riguardasse una vastissima area della città di Roma che abbiamo stimato coinvolgesse circa 1,2 milioni di persone».

Altra causa della crisi idrica sono le perdite nelle reti. A quanto ammontavano nella vostra? Sono state risolte?

«Cerchiamo di fare chiarezza anche su questo tema. Le perdite sono definite come differenza tra l’immesso in rete (nei tubi) ed il misurato ai contatori. Pertanto viene considerata “perdita” anche l’acqua “rubata” e/o non correttamente misurata. L’enorme sforzo compiuto da ACEA ATO2 è stato quello di andare a ricercare la componente dovuta alle rotture, soprattutto a quelle occulte, rappresentano la maggioranza. Abbiamo quindi ispezionato in poche settimane (ma si sta ripercorrendo il tutto con un nuovo giro) oltre 12.000 manufatti interrati e ben 5.400 km di rete di distribuzione per trovare e aggiustare eventuali danni. Complessivamente si sono effettuate oltre 4.000 riparazioni. Questa attività, oltre a quella di controllo delle pressioni notturne ed agli interventi effettuati presso le fonti, ci hanno consentito di recuperare una quantità di risorsa capace di soddisfare una intera Regione come l’Umbria. Le perdite su Roma e Fiumicino, calcolate come richiesto dall’Autorità nazionale (AEEGSI), assommavano nel 2016 a quasi il 45% ed oggi sono state sicuramente ridotte di qualche punto percentuale. Ma solo il ricalcolo con la stessa metodica a fine anno potrà concretizzare tale sicura ed importante riduzione».

Qual è lo stato attuale del lago di Bracciano? Riprenderete le captazioni? Se sì, quando?

«Sullo stato del Lago ci sono studiosi che si stanno prodigando a determinarlo, compresa l’Università di Roma La Sapienza alla quale abbiamo affidato questo compito già nel mese di agosto. Per ciò che concerne il nostro prelievo dal Lago, come già detto, è nullo dal 14 settembre. È nostra ferma intenzione non riprendere i prelievi. Ma corre ricordare che l’opera di derivazione, eseguita quasi 30 anni fa, è costata oltre 120 miliardi di lire ed era stata concepita per far fronte alle esigenze potabili della Capitale».

E lo stato delle altre sorgenti?

«Tutte sono in sofferenza e per molte di esse la disponibilità per il nostro prelievo è minore del valore della concessione! Quella che mostra più capacità di “sopportazione” è quella del Peschiera ed è anche quella più importante perché fornisce oltre il 60% dell’immesso in rete. Siamo senza alcuna riserva e inoltre l’acquedotto del Peschiera si origina e si sviluppa in una delle zone più sismiche d’Italia. È necessario accelerare la realizzazione delle relative opere di messa in sicurezza».

Lei potrebbe dire che la crisi idrica è risolta? 

«Assolutamente no! Continua a non piovere e le risorse a calare in termini di disponibilità alle fonti. Oggi abbiamo una riduzione di circa 200 litri al secondo al mese e solo il già citato enorme lavoro di continua ricerca e riparazione delle perdite occulte, insieme ad una maniacale gestione delle pressioni in rete (soprattutto di notte), ci consente di poter continuare ad erogare il servizio con minimi disagi».

 

 

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