L’assemblea dei lavoratori dell’Ilva ha scelto la linea dura: occupare la fabbrica di Genova Cornigliano. La decisione è arrivata stamattina: i lavoratori giudicano insufficienti le garanzie del governo rispetto al piano di 4000 tagli su base nazionale, di cui 600 solo a Genova, presentato dalla AmInvestCo, la cordata che nel giugno scorso si è aggiudicata la proprietà del gruppo siderurgico.
La protesta dei lavoratori si protrarrà almeno fino a mercoledì, quando è previsto un incontro al Ministero dello sviluppo economico tra le istituzioni genovesi e il ministro Carlo Calenda. La Fiom ha già fatto sapere di non avere intenzione di sedersi al tavolo, al contrario di Fim e Uilm. Il giorno dopo i sindacati dovrebbero incontrare ArcelorMittal, che insieme all’italiana Marcegaglia detiene la maggioranza del gruppo AmInvestCo. Ma nel frattempo la rappresentanza sindacale unitaria ha scelto di dare un segnale forte.
I lavoratori hanno prima fatto un corteo dentro la fabbrica e poi sono usciti in strada, esponendo striscioni e slogan. Alla manifestazione hanno aderito solo gli operai della Fiom, mentre la componente rsu di Fim e Uilm è rimasta nello stabilimento, non condividendo la posizione dei colleghi di sindacato: «La Fiom – scrive in una nota Antonio Apa, segretario generale della Uilm di Genova – ha compiuto l’ennesima scelta sbagliata. Una minoranza di lavoratori si è sostituita alla maggioranza dell’insieme dei dipendenti attraverso un atto intollerante che non rappresenta un bel biglietto da visita nei confronti di Mittal e del Governo, rispetto alla trattativa in corso né un favore ai lavoratori».
Nel frattempo, nel piazzale di Cornigliano, davanti alla fabbrica occupata, è stata allestita una tenda rossa con il presidio dei lavoratori: «Invitiamo tutti, cittadini e istituzioni, a venirci a trovare per difendere Genova e l’accordo di programma» ha detto il segretario della Fiom Bruno Manganaro.
I lavoratori dell’Ilva chiedono il rispetto dell’accordo di programma siglato nel 2005 in Regione Liguria. L’intesa prevedeva che, a fronte della chiusura dell’attività a caldo dello stabilimento, venisse attuato un percorso di continuità occupazionale e del reddito. L’accordo era stato sottoscritto con la finalità di una tutela ambientale per il territorio ed è stato lo strumento che ha permesso, in questi anni, di mantenere i livelli occupazionali per 1.650 lavoratori dello stabilimento genovese.