Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha aperto a Francoforte una conferenza dell’Eurotower sulle “Riforme strutturali nell’Eurozona”. Diversi paesi, come Italia, Spagna e anche Portogallo, hanno realizzato negli ultimi anni riforme che hanno aiutato a ridurre la disoccupazione.
Queste riforme, con riferimento ai tre paesi dell’Eurozona, sembrano anche aver reso la disoccupazione più reattiva rispetto alla crescita e le politiche strutturali sono uno dei principali fattori che spiegano questi sviluppi positivi. Sono state altrettanto fondamentali le politiche finanziarie e macroeconomiche di sostegno.
In riferimento all’Italia, Draghi è positivo sul Jobs Act: “È stato seguito da un incremento di quasi mezzo milione sul numero di occupati con un contratto a tempo indeterminato” soprattutto perché i sussidi per le assunzioni hanno incoraggiato le aziende ad assumere nuove persone, con i nuovi contratti “open-ended”, ovvero a tutele crescenti.
“Si è spesso detto — ha spiegato il numero uno della Bce — che questa politica monetaria scoraggia le riforme, togliendo ai governi la pressione per agire durante i periodi di crisi. Tuttavia, la ricerca della Bce non ha mai riscontrato nessuna prova che alti tassi di interesse portino più riforme, semmai è il contrario”. Bassi tassi di interesse tendono a favorire le riforme, poiché conducono a un migliore scenario macroeconomico. Si tratta di un processo particolarmente utile “per quei paesi che non hanno a disposizione l’arma fiscale per sostenere la domanda”, rinnovando l’appello ai Paesi dell’Eurozona affinché velocizzino le riforme strutturali.
“La crisi – continua Draghi – ha confermato che le economie più flessibili sono anche quelle più resilienti, in special modo nel caso di Paesi facenti parte di un’unione monetaria. Gli argomenti a favore delle riforme devono andare oltre il tema dei benefici in termini di efficienza. Dobbiamo mostrare che le riforme possono contribuire non solo all’efficienza, ma anche all’equità”.