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HomeCronaca Monza, famiglia avvelenata dal tallio: muore anche la madre

Monza, famiglia
avvelenata dal tallio
muore anche la madre

Si tratta della terza vittima

Tre persone ancora ricoverate

di Antonio Scali13 Ottobre 2017
13 Ottobre 2017

L'ospedale di Desio, in Brianza. ANSA/ROBERTO RITONDALE

È morta questa notte all’ospedale di Desio (Monza) Maria Gioia Pittana, la terza componente della famiglia Del Zotto colpita da intossicazione da tallio. La donna, 87 anni, è la madre della prima vittima, Patrizia Del Zotto, e la moglie della seconda, Giovanni Battista, morti lo scorso 2 ottobre a poche ore di distanza l’una dall’altro. Le vittime si trovavano nella loro casa di campagna a Varmo, in provincia di Udine. Altri tre membri della famiglia, attualmente ricoverati in ospedale, sono in condizioni stabili, secondo quanto riferisce l’azienda socio-sanitaria territoriale di Monza.

Resta ancora ignota la causa degli avvelenamenti. Inizialmente si era pensato alla perdurata esposizione al guano dei piccioni, che contiene tallio, ma nelle ultime ore l’attenzione degli inquirenti si sta spostando su altre ipotesi, come il veleno per topi o l’inquinamento ambientale.

I rilievi dei carabinieri hanno escluso la presenza di tallio nel pozzo, mentre si attendono i risultati delle analisi sui filtri di un deumidificatore e di un condizionatore presenti in casa, per verificare l’eventuale contaminazione. I due impianti sarebbero stati tenuti costantemente accesi durante le ferie estive in Friuli della famiglia Del Zotto.

L’avvelenamento da tallio non è molto frequente, ma i suoi effetti possono essere letali. «È una sostanza che in passato veniva usata come topicida, poi è stata proibita dall’Ue. Ci sono stati dei casi a volte criminosi di avvelenamento, a volte un uso accidentale di prodotti che non si dovevano utilizzare, magari comprati su Internet», spiega ai microfoni di Rai News Carlo Locatelli, direttore del Centro Nazionale di Informazione Tossicologica della Fondazione Maugeri di Pavia. «Il tallio è una molecola molto piccola – racconta l’esperto – che una volta entrato nei tessuti si diffonde velocemente, ed è difficile da eliminare. Ci sono dei trattamenti, ma molto lenti. In alcuni casi servono diversi mesi di cure perché il livello torni alla normalità».

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