I partiti sono sempre più poveri. Lo rivela un rapporto di Openpolis. L’osservatorio politico ha analizzato i bilanci delle formazioni politiche dall’inizio della legislatura ad oggi. In 4 anni le entrate dei partiti sono calate del 61%.
A causare questa crollo è stata la riduzione del finanziamento pubblico. Nel 2014 il governo Letta, con la legge 13, ha dato un forte taglio al sistema di fondi pubblici ai partiti. I rimborsi elettorali sono stati infatti sostituiti dal 2×1000. Una soluzione nata per sopperire alla progressiva eliminazione del finanziamento diretto. Nei fatti, però, l’idea ha prodotto dei risultati sterili.
I partiti ricevono molto meno del previsto dai contribuenti. Se i cittadini non scelgono di devolverlo alle forze politiche, il 2×1000 rimane nelle casse dello Stato. Rispetto a uno stanziamento teorico di 27,7 milioni del 2016, i partiti hanno incassato meno della metà. E a nulla sono serviti gli incentivi del decreto Letta, che prevede una detrazione (Irpef e Ires) del 26% su quanto donato ai partiti. Cittadini privati e persone giuridiche sono ormai disaffezionati e il declino è costante: dai 21 milioni di donazioni private del 2013 si è passati ai 12,4 dell’anno scorso.
Se da un lato i partiti non sorridono, dall’altro i gruppi parlamentari, i singoli candidati e i think thank vedono crescere la loro importanza. Con la legge elettorale al Senato, che prevede preferenze da raccogliere sull’intero territorio regionale, andremo incontro a campagne elettorali molto più dispendiose e personalizzate. E’ probabile quindi, che i contributi privati verranno deviati verso i singoli candidati.
Anche i gruppi parlamentari sembrano godere di maggiori benefici: nel 2016, su 100 euro di finanziamento pubblico, tre quarti sono andati ai gruppi parlamentari, mentre il resto alle forze politiche. Molto meno rispetto a tre anni fa.
Uno degli aspetti più preoccupanti dello scenario attuale è il modo in cui la politica si finanzia. C’è il rischio infatti che alcuni soggetti siano monitorati mentre altri no. La riforma, voluta dal governo Letta, ha coinvolto solo i partiti: organismi che possono ricevere fondi pubblici solo in presenza di alcuni requisiti di democrazia diretta. Fondazioni, gruppi parlamentari e singoli candidati godono. invece, di una propria autonomia e di vincoli di trasparenza diversi dalle forze politiche.