Il Vaticano e la comunicazione. Informare il mondo sul Papa, sull’attività della Santa Sede e sulle vicende che la riguardano. A 50 anni dal Concilio Vaticano la Chiesa è cambiata, si è globalizzata e ci si chiede quanto sia stato fondamentale il ruolo della Sala Stampa Vaticana. Di questo si è parlato oggi all’Università Lumsa a Roma nell’aula Magna di via Borgo Sant’Angelo.
Istituita nel 1966, come evoluzione del servizio stampa che supportava i giornalisti al seguito dei lavori dell‘assise conciliare, la Sala Stampa Vaticana testimonia la necessità della Santa Sede di dare informazioni su se stessa. Un fatto che, dopo il Concilio Vaticano II, rappresentava una rivoluzione, perché fino a quel momento la Chiesa viveva un po’ troppo chiusa al suo interno.
Giovanni Paolo II in una lettera della Segreteria di Stato del 28 maggio 1986 definì il ruolo della Sala Stampa della Santa Sede: «è l’ufficio incaricato di diffondere le notizie riguardanti gli atti del Sommo Pontefice e l’attività della Santa Sede», e pertanto «nello svolgimento del lavoro gode, analogamente all’Osservatore Romano, alla Radio Vaticana e al Centro Televisivo Vaticano, di una propria autonomia operativa».
Il concetto della trasparenza. Il portavoce del Vaticano padre Federico Lombardi, intervenuto al convegno, ha dichiarato che «governo della Chiesa e comunicazione non sono due mondi separati perché la comunicazione è strumento utile perla Chiesa stessa» inoltre ha affermato che «la trasparenza costituisce l’elemento fondamentale per chi fornisce informazioni». Lo scandalo degli abusi sessuali del clero sui minori e l’evoluzione finanziaria del Vaticano sono l’esempio dell’impegno della Santa Sede proprio a favore della trasparenza, e la recente nomina del giornalista statunitense Greg Burke come advisor della segreteria di Stato vaticana è «un passo che va verso la giusta direzione». Lo stesso Andrea Melodia, Presidente dell’Ucsi, ha dichiarato che «oggi ci troviamo in un momento in cui la Chiesa è all’avanguardia nell’apprezzare l’uso dei nuovi media ma la difficile ricerca di un equilibrio tra riservatezza e trasparenza rimane un punto cruciale nell’ambito del processo comunicativo».
Secondo Raniero La Valle, all´epoca del Concilio direttore del giornale cattolico l´Avvenire d´Italia, se «un’istituzione non accetta di essere raccontata si parla di violazione». Il vaticanista ha ricordato le enormi difficoltà incontrate dai giornalisti durante la prima sessione del Concilio Vaticano II, perché i lavori dall’assise conciliare erano coperti dal segreto. Secondo La Valle quello che «conta maggiormente non è solo la libertà di informare, la cosa fondamentale è la notizia da dare e in quel momento la bella notizia era il Concilio, un evento che ha cambiato la storia della Chiesa e questa è la ragione per cui ancora oggi, dopo 50 anni lo ricordiamo».
Era presente anche mons. Pierfranco Pastore, ex vice direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che dal vaticanista della Rai Giuseppe De Carli venne definito «l’amico dei giornalisti», durante la radiocronaca della sua Messa di ordinazione episcopale.
Anche l’ex portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls ha partecipato alla tavola rotonda di questa mattina, raccontando alcuni aneddoti durante i suoi anni trascorsi da direttore della Sala Stampa Vaticana come ad esempio l’incontro del giugno 1988 quando, con il segretario di Stato Casaroli, fu accolto a Mosca per consegnare a Gorbaciov una lettera personale del Papa. Un fatto inedito perché allora non c’erano rapporti diplomatici tra l’Unione Sovietica e la Santa Sede.
Navarro Valls si è soffermato poi su un concetto in particolare, comunicare al mondo il messaggio che il Papa vuole dare, rappresenta una sfida importante e appassionante che si poggia su due pilastri: «Sapere cosa comunicare e perché comunicarlo». Secondo l’ex portavoce vaticano «fare giornalismo significa trasmettere un’esperienza che il giornalista crede sia vera. Se il giornalista non crede che sia vera e la trasmette, allora – ha continuato Navarro Valls- sta facendo propaganda non giornalismo. docente di economia e gestione delle imprese editoriali alla Lumsa.
Vitalità. A chiudere la tavola rotonda è stato Gennaro Iasevoli, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese Editoriali, e direttore scientifico del Master in giornalismo alla Lumsa, il quale ha affermato l’importanza dell’evoluzione della Sala Stampa Vaticana negli anni: «Oggi, contrariamente al passato, l’operato della Sala Stampa della Santa Sede è basata su una comunicazione a due vie perché spesso interviene per correggere le informazioni errate diffuse dagli altri organi di stampa. Questo ci dà l’idea di come questa organizzazione si rapporti sempre di più con l’esterno e con il mondo dei media».
Infine utilizzando la parola “vitalità”, termine noto agli economisti gestionali, ha voluto sottolineare «come la Sala Stampa della Santa Sede sia stata capace di adattarsi alle dinamiche evolutive del contesto in cui opera. Un fatto –ha concluso Iasevoli- estremamente positivo in un momento difficile per il mondo della comunicazione segnato dalla chiusura di alcuni giornali».
Alessandro Filippelli