L’Italia è ancora indietro sul fronte dello sviluppo sostenibile. A dimostrarlo l’ultimo rapporto dell’Asvis – l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile – in vista dei diciassette obiettivi da raggiungere nel campo della sostenibilità secondo l’Agenda Globale del 2030. Il piano, approvato dalle Nazioni Unite due anni fa, oltre a comprendere i settori economico e sociale, include anche quello ambientale.
Se è vero che si sono verificati dei progressi in determinati campi, l’andamento generale è ancora lento e il Paese di questo passo non centrerà gli obiettivi entro la data stabilita. La Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, che vede il coinvolgimento del ministero dell’Ambiente, risulta essere infatti ancora troppo generica.
Secondo il dossier dell’Asvis, dei diciassette obiettivi definiti dall’Onu sulla sostenibilità, nove hanno registrato un miglioramento in Italia. Quattro sono quelli caratterizzati da un sensibile peggioramento, mentre non è cambiato nulla per i restanti. In particolare, dati positivi provengono dai settori di salute e benessere, istruzione – aumento del tasso di completamento degli studi terziari salito al 26,2% dal 25,3% dell’anno precedente – e parità di genere. Ma anche gli ambiti che riguardano consumo e produzione responsabili, ovvero lotta contro il cambiamento climatico, flora e fauna acquatica, giustizia, sicurezza alimentare, innovazione e infrastrutture. In quest’ultimo campo, la disponibilità dei servizi di accesso alle reti fisse a banda larga ha ormai raggiunto il 97% delle abitazioni italiane.
Male invece i servizi igienico-sanitari – nel 2015 è andato disperso il 38,2% dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione dei comuni capoluogo di provincia – le diseguaglianze, flora e fauna terrestre, povertà (nel 2016 le famiglie in miseria assoluta erano 1,6 milioni, per un totale di 4,7 milioni di individui, il livello più alto dal 2005). Infine, la situazione è statica nei settori di energia pulita e accessibile, città sostenibili, cooperazione tra enti e buona occupazione: nel 2016 il tasso di occupazione si è attestato al 57,2%, anche grazie al miglioramento dell’impiego femminile, ma la ripresa riguarda in particolare le persone di 50 anni e più, e ciò ha penalizzato l’ingresso dei giovani.