Addio allo ius soli, almeno fino alla prossima legislatura. I ministri Angelino Alfano e Beatrice Lorenzin, del partito di Alternativa Popolare, hanno messo un veto sulla proposta di legge che punta a riformare la cittadinanza. Il testo era stato approvato alla Camera nell’ottobre 2015, e ora è in attesa di essere votato al Senato. Per il Partito Democratico i voti di Ap sarebbero fondamentali per consentirne l’approvazione. Ora i numeri sono troppo risicati, ma c’è ancora qualche barlume di speranza. «C’è stato uno stop da parte di qualcuno; ma io continuo a sperare che ci siano i numeri e la qualità politica al Senato per approvare lo ius soli», ha detto la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli.
«Una cosa giusta fatta al momento sbagliato può diventare una cosa sbagliata, un favore alla Lega», ha detto il ministro degli Esteri al termine della direzione del partito. Ma la Lega ha subito visto questo passo indietro come una vittoria definitiva. «Siamo riusciti a fermare lo ius soli», avrebbe commentato Matteo Salvini.
«Questa norma è un disegno di legge, non è un decreto – ha dichiarato la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ai microfoni di Radio Capital – Bisognava fare quello che io ho proposto qualche settimana fa. Rinunciare alla fiducia per fare un percorso parlamentare e aprire agli emendamenti, perché quella che è una norma di civiltà, ma che necessitava di alcune trasformazioni, potesse essere approvata da una maggioranza più ampia». Secondo la ministra il provvedimento andava migliorato e spiegato meglio: «Quello che è passato è che tutti gli immigrati diventano cittadini italiani. Non doveva essere chiamato ius soli ma ius culturae».
E proprio sulla cultura e sull’integrazione punta il nuovo piano nazionale del Viminale presentato ieri. Imparare la lingua italiana, condividere i valori della Costituzione, rispettare le leggi, partecipare alla vita economica, sociale e culturale del territorio, aderire ai valori “non negoziabili” del nostro paese, come la laicità dello Stato e il rispetto per la donna: questi i principali doveri chiesti a chi beneficia della protezione internazionale. Ad oggi il piano coinvolgerebbe, quindi, 74.853 persone, più 196.285 richiedenti asilo del sistema di accoglienza nazionale, di cui 18.486 minori stranieri non accompagnati. In cambio l’Italia si impegna a garantire uguaglianza e pari dignità, libertà di religione, accesso a istruzione e formazione, alloggio e sistema sanitario, nonché il ricongiungimento familiare.
Oltre al Ministero degli Interni, altri soggetti sono coinvolti nel progetto: i ministeri di Lavoro, Esteri, Giustizia, Istruzione, Salute e Politiche Agricole, l’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali (Unar), regioni, enti locali e terzo settore. La buona riuscita del piano dipende dalla «equa distribuzione degli stranieri sul territorio», ha detto il ministro degli Interni, Marco Minniti, così da garantire una reale integrazione.
Il piano non assorbirà fondi da altri progetti ma verrà finanziato prevalentemente con i Fondi europei 2014/2020, attraverso il Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami), il Fondo sociale europeo (Fse) e il Fondo per lo sviluppo regionale (Fesr). Finora è stato stanziato complessivamente oltre mezzo miliardo. E sono in arrivo altri 100 milioni, promessi dall’Unione Europea.