Aumentare il costo dei contratti a tempo determinato per incoraggiare il ricorso ad assunzioni a tempo indeterminato. Questa la nuova idea allo studio del governo per contrastare il trend registrato dall’Inps nell’ultimo anno, quando la quota delle assunzioni stabili ha continuato a diminuire a fronte di un aumento dei contratti a termine. La misura correttiva potrebbe essere uno dei contenuti della Manovra, da approvare entro fine anno. Ma ancora non è stata presa una decisione definitiva al riguardo. E soprattutto, in questa prospettiva, continuerebbero a non esserci molte garanzie per i lavoratori in caso di licenziamento in tronco.
Il governo sta dunque pensando a un rialzo dell’aliquota contributiva aggiuntiva (al momento ferma all’1,4%) prevista nei contratti a tempo e destinata alla Naspi, la Nuova assicurazione sociale per l’impiego. L’obiettivo alla base del correttivo è quello di spingere i datori di lavoro a concedere contratti a tempo indeterminato, a questo punto più convenienti dal punto di vista contributivo.
Nei giorni scorsi l’Osservatorio sul precariato dell’Inps ha rilevato un significativo aumento del lavoro a chiamata: da gennaio a luglio 2016 i contratti di questo tipo erano stati circa 112mila; quest’anno, nello stesso periodo, sono stati 251mila: più del doppio. Un dato emblematico, considerato dall’istituto anche una possibile conseguenza della recente abolizione dei voucher. Anche i contratti di somministrazione hanno ottenuto nello stesso periodo un significativo aumento di oltre il 20%. Il rincaro dei contratti a tempo, dunque, va interpretato nell’obiettivo di contrastare una tendenza in forte crescita, andando incontro anche alle richieste dei sindacati che più volte hanno chiesto una soluzione del genere.