Il destino dell’accordo sul nucleare iraniano resta in bilico. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ai margini del bilaterale con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, ha detto di aver preso una decisione, ma non ha voluto specificare quale. Neppure il segretario di stato americano Rex Tillerson si è sbilanciato e dopo un incontro con il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha ribadito che Trump ha già deciso se certificare o meno il rispetto dell’intesa alla prossima scadenza del 15 ottobre, ma non ha condiviso ancora con nessuno la sua posizione.
Secondo i media americani, il tycoon propenderebbe per la bocciatura della certificazione. In questo caso, il Congresso avrebbe 60 giorni di tempo per decidere se imporre nuovamente le sanzioni cancellate in base all’accordo. L’obiettivo finale della Casa Bianca sarebbe quello di spingere gli alleati europei a concordare di rinegoziare alcune misure e fare pressione sull’Iran perché torni al tavolo. Anche Tillerson ha ammesso che ci sono “problemi significativi” con l’accordo, dopo il quale “abbiamo visto tutto tranne che stabilità nella regione”.
Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha difeso l’accordo, escludendo che possa essere rinegoziato. “Non saremo noi i primi a violarlo” ha detto il capo dello Stato asiatico nel corso dell’assemblea generale dell’Onu, affermando però che secondo lui gli Usa non usciranno dall’intesa “nonostante la retorica e la propaganda”.
A difendere strenuamente l’accordo è anche Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea. “Non c’è alcun motivo per smantellare un accordo che funziona e dà risultati. Abbiamo una potenziale crisi nucleare – ha spiegato la Mogherini, facendo riferimento alla Corea del Nord – Non abbiamo assolutamente bisogno di provocarne un’altra”. Il fronte europeo è però spaccato. Il presidente francese Emmanuel Macron ritiene che l’accordo non sia sufficiente dato che Teheran sta proseguendo il programma balistico.