Due giorni fa Jemele Hill, conduttrice della tv nazionale ESPN, aveva definito con un tweet il presidente americano Donald Trump “un suprematista bianco, che si è ampiamente circondato di altri suprematisti bianchi”. Utilizzando il suo account personale, come un qualsiasi altro utente di Twitter.
Jemele Hill certamente non immaginava che per questo cinguettio si sarebbe ritrovata al centro della tempesta perfetta. Un tiro al bersaglio scatenato dal presidente stesso, furioso per il commento. Con l’intera Casa Bianca, staff presidenziale e portavoce a chiedere pubblicamente il licenziamento della giornalista.
“Si tratta di uno dei commenti più oltraggiosi che qualcuno potesse fare, e certamente è un’offesa per cui la ESPN può licenziare”, ha dichiarato ieri ufficialmente la portavoce della Casa Bianca Sarah Huckabee Sanders. La direzione del network televisivo ha già mandato in onda scuse ufficiali, sottolineando che le opinioni espresse dalla conduttrice “non rappresentano la posizione di ESPN”.
Il tiro incrociato da parte dell’amministrazione Trump, che ha avuto come bersaglio la Hill, sta suscitando però molti dubbi nell’opinione pubblica e nella comunità degli intellettuali statunitensi: in ballo il tema delicatissimo della libertà di espressione.