Nanni Moretti torna al genere del documentario e sceglie di raccontare il Cile di Augusto Pinochet.
Ad anticipare il tema del nuovo film del cineasta italiano, l’ambasciatore cileno Fernando Ayala Gomez in visita in Italia, nel corso di un convegno presso la sede della Regione Emilia-Romagna di Bologna, sul golpe che l’11 settembre 1973 segnò la storia del Paese. In quella data infatti, con il bombardamento al palazzo presidenziale della Moneada di Santiago e con l’uccisione del leader socialista Salvador Allende, il Cile vedeva tramontare l’esperienza democratica di “Unidad popular”, che aveva portato le sinistre al governo, mentre iniziava il “Regime militare” del generale Pinochet.
Quasi un ventennio di dittatura durante il quale il Cile subì crimini definiti contro l’umanità, e di cui il nuovo film di Moretti vuole raccontare le atmosfere, concentrandosi sul ruolo che in questo contesto fu svolto l’ambasciata italiana.
A soli due anni dalla presentazione di Mia madre al Festival di Cannes nel 2015, il regista si è rimesso al lavoro. Pur proponendo spesso titoli di fiction intrecciati alla realtà o all’autobiografia, come nel caso dell’ultima pellicola, il genere del documentario non è una novità per Moretti. Nel 1990 infatti, con il mediometraggio La Cosa aveva rappresentato il dibattito interno al Partito comunista. Il corto intitolato The Last Costumer del 2001, invece, raccontava la storia di una famiglia newyorkese costretta a chiudere la farmacia gestita da due generazioni in seguito all’abbattimento dell’edificio in cui si trovava.
Si tratta pur sempre di un’anticipazione, che potrebbe però essere confermata dall’attenzione che il regista ha già dedicato al Cile in passato. Lo scorso aprile infatti, Moretti è stato ospite a Santiago del Cile per un incontro all’interno dello spazio La città e le parole. Occasione in cui era stato era stato più volte definito dai critici cinematografici cileni “il più importante cineasta della post modernità”.