L’11 settembre 1973, 44 anni fa, terminava l’esperimento socialista cileno. Salvador Allende, allora presidente del Paese, leader dell’Unità Popolare, veniva ucciso in un colpo di Stato militare. Da quel giorno cominciò la lunga dittatura del generale Augusto Pinochet, che terminò solo nel 1990.
Allende salì al potere in un momento di grandi conflitti sociali. La sua presidenza fu caratterizzata da una tensione continua con le destre del Paese e con i militari. La sua politica socialista tesa alla nazionalizzazione delle imprese principali del Paese non era gradita agli USA. Gli americani, dunque, appoggiarono con decisione i tentativi di far cadere il suo governo.
Infine, quell’11 settembre, l’attacco dell’esercito al Palacio de la Moneda, la residenza presidenziale, anche attraverso bombardamenti. Tra i militari protagonisti del golpe c’era Pinochet, che il presidente aveva creduto in precedenza essere fedele al suo governo. Allende restò arroccato nel palazzo insieme ad un gruppo di fedelissimi, tentando di resistere. Quando la pressione fu troppo forte, chiese ai suoi di lasciare l’edificio, e si sparò. Questa la versione più accreditata: secondo altre invece fu ucciso dai militari.