«La parte preponderante delle decisioni sul Quantitative Easing sarà presa probabilmente a ottobre». Rispetta le aspettative Mario Draghi: per conoscere le sorti del QE bisognerà attendere il consiglio direttivo del 25 e 26 ottobre. Nulla a che vedere con le elezioni tedesche di settembre, quindi. Ma in conferenza stampa, il presidente specifica che la Banca Centrale Europea è restia a fornire date certe sul graduale spegnimento del programma di stimolo monetario.
Per ora il Quantitative Easing continuerà al ritmo di 60 miliardi di euro al mese fino a fine dicembre, «e oltre se necessario», come ha confermato il direttivo Bce in una nota. «Se le prospettive divengono meno favorevoli, o se le condizioni finanziarie si fanno incoerenti con ulteriori miglioramenti verso un deciso aggiustamento dell’inflazione, il consiglio direttivo si tiene pronto ad aumentare il programma in termini di dimensioni e/o durata», si legge nel documento.
In conferenza stampa si è infatti parlato dell’andamento opposto di Pil e inflazione, eccezione alla regola economica tradizionale che li vedrebbe andare nella stessa direzione. La Banca centrale europea ha nuovamente rivisto in meglio le stime di crescita per l’Eurozona per il 2017, portandola al 2,2% dal precedente 1,9%. Secondo la Bce: «L’accelerazione procede solida e ben distribuita». Invariata l’attesa per il 2018 e 2019 (rispettivamente a un +1,8% e +1,7%). Andamento inverso segue, invece, l’inflazione: nel 2017 a 1,5%, nel 2018 prevista a 1,2% (dal precedente 1,3%) e per il 2019 a 1,5% (dal precedente 1,6%). Secondo il governatore della Fed, Lael Brainard, una «semplice spiegazione sta nel fatto che stiamo sperimentando un periodo di persistente bassa inflazione». Dell’opinione opposta Draghi: «L’inflazione nell’Eurozona deve ancora mostrare segnali convincenti di un rialzo sostenuto. Ma non siamo assolutamente in un’era di bassa inflazione. Convergerà con il Pil, ma a un valore inferiore al 2%. Servono fiducia, pazienza e persistenza». I risultati sperati (il 2%) verranno raggiunti, secondo le previsioni, entro il 2020.
A preoccupare, nonostante la crescita, l’euro forte: «La recente volatilità del tasso di cambio rappresenta una fonte d’incertezza che richiede di essere monitorata, per le sue implicazioni sulla stabilità dei prezzi nel medio termine – ha confermato il governatore della Bce -. L’apprezzamento dell’euro è molto importante per la crescita e l’inflazione. La Bce dovrà tenerne conto nell’insieme delle informazioni con cui prenderà le future decisioni». Di certo sarà ancora necessaria una politica monetaria «accomodante».
Intanto le Borse sembrano essere insensibili al discorso del presidente Mario Draghi. Buona la vendita di bond italiani, spagnoli e portoghesi, i paesi che più di tutti godrebbero della momentanea tenuta del Quantitative Easing.