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HomeSpettacoli Il trionfo de La pazza gioia. Come il cinema italiano ha parlato della follia

Il "pazzo cinema"
I registi italiani attratti
dalla disabilità psichica

Dal successo della pellicola di Virzì

agli altri film sulla malattia mentale

di Dino Cardarelli29 Marzo 2017
29 Marzo 2017

Una foto di scena del film di Paolo Virzi' 'La pazza gioia' con Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi. Roma, 14 maggio 2016. ANSA/ MYMOVIES +++ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING+++

I David di Donatello hanno visto trionfare La Pazza Gioia, film di Paolo Virzì che racconta, con toni ora comici, ora drammatici, la vicenda di due giovani donne, interpretate da Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, ricoverate presso una clinica privata di igiene mentale. Il tema della malattia psichica è stato sempre presente nel cinema italiano, sin dagli anni settanta, dopo la riforma Basaglia che portò, nel 1978, alla chiusura dei manicomi e alla regolamentazione del Tso, il trattamento sanitario obbligatorio.

Nel 1993 lo stesso riconoscimento del David venne assegnato a Il grande cocomero, pellicola diretta da Francesca Archibugi, con protagonista Sergio Castellitto, ispirata all’esperienza di Marco Lombardo Radice, neuropsichiatra sperimentatore di teorie innovative nella cura dei disturbi psichici dei minori, basate sull’ascolto delle necessità dei bambini e sulla compensazione delle loro carenze affettive.

Ma sono stati molti altri i film che hanno affrontato, con successo, il tema della pazzia. Nel 2002 è uscito Prendimi l’anima, opera biografica di Roberto Faenza che fa rivivere con emozione e passione il rapporto terapico ed amoroso tra Gustav Jung e Sabina Spielrein, ragazza russa affetta da un’isteria psicotica (interpretata da Emilia Fox) e che poi divenne una delle prime donne ad esercitare la professione di psicanalista.

Del 2008 è invece Si può fare, commedia di Giulio Manfredonia ambientata negli anni ’80 all’interno di una cooperativa sociale nata per accogliere i pazienti dimessi dai manicomi e nella quale Claudio Bisio è un operatore che vuole impegnare i malati di mente in lavori veri e non in inutili opere assistenziali.

Nel 2010 è stato infine prodotto il film La pecora nera, con la regia di Ascanio Celestini, che racconta la vicenda di un ragazzo nato nei “favolosi anni Sessanta”, da quando è bambino fino ai giorni nostri attraverso la sua esperienza di vita lunga 35 anni dentro un manicomio.

E’ solo una breve selezione. La testimonianza di quanto possa essere importante il ruolo dell’arte, per far comprendere per immagini e parole una realtà che spesso fa paura ai “normali” proprio perchè poco conosciuta

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