Buone notizie per la scuola italiana. L’indagine dell’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo Economico) ha riscontrato come, in termini di risultati, non ci sia alcuna differenza tra alunni di famiglie poco abbienti e benestanti.
I dati – L’indice che individua la disuguaglianza tra ragazzi di ceto sociale diverso, riguardo alle conoscenze linguistiche e matematiche, si attesta per l’Italia a quota 0,45. La media Ocse è di 0,48. In Germania è pari allo 0,49, in Danimarca raggiunge addirittura lo 0,64. Più basso è l’indice, meglio funziona il sistema. Questo significa che la scuola in Italia riesce a sostenere al meglio i meno fortunati.
La forbice si allarga da adulti – Almeno fino al diploma. Fin quando lo studente rimane all’interno dell’istituzione, il divario si mantiene sui livelli abbastanza bassi. Cambia però dopo i 27 anni, quando i dati rivelano un gap dello 0,68 contro lo 0,61 a livello mondiale. Ciò conferma che è la scuola che riesce a trattenere differenze che altrimenti risulterebbero molto più marcate.
Lo studio – L’analisi ha esaminato le prestazioni in letteratura e matematica di adolescenti di 15 anni e giovani adulti in quaranta paesi del mondo. I quindicenni per tre anni hanno partecipato al progetto Pisa (Programme for International Student Assessment), per l’indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sono stati scelti soggetti tra i 25 e i 27 anni. Man mano che si avanza con l’età, si è scoperto che lo scarto tra gli studenti avvantaggiati (che hanno almeno un genitore laureato e un centinaio di libri a casa) e quelli svantaggiati cresce in tutti gli stati, ad eccezione di Canada, Stati Uniti e Corea del Sud.