La Francia omaggia il Belpaese attraverso ciò che ci caratterizza nel mondo, l’arte. Il Museo nazionale della storia dell’immigrazione di Parigi ospiterà fino al 10 settembre la mostra “Ciao Italia!”. Un secolo, dal 1860 al 1960, che racconta, per la prima volta in scala nazionale, la storia dell’immigrazione italiana in Francia, che resta a oggi la più importante di quel periodo.
Questa mostra vuole essere un omaggio ai nostri connazionali che hanno “fatto grande la Francia” portando il loro grande contributo culturale ed economico, mettendo a disposizione la loro manodopera, ma apportando anche sostanziali contributi alla stampa, l’educazione, la musica e ovviamente la gastronomia. “Ciao Italia!” tenta anche di percorrere la geografia dei flussi migratori che hanno caratterizzato quegli anni. Si scopre così che arrivano soprattutto dal nord, dal Piemonte, ma anche dalla Toscana e si installano in particolare nel sud della Francia, la parte geograficamente più vicina da raggiungere. I luoghi dove si ritrovano sono caffè, bar, ristoranti, chiese, cinema.
Quattro sono i periodi chiave della mostra: ognuno fa riferimento a un evento simbolico. Il primo va dal 1860 al 1870 ed è chiamato ‘Una nazione di migranti’, l’inizio della ‘Grande migrazione’ che fino alla vigilia della prima guerra mondiale vede 14 milioni di persone lasciare l’Italia, di cui quasi 2 sceglieranno la Francia; 1880-1910 ‘Violenze e passioni’, racconta l’accoglienza difficile che trovarono gli italiani, fino ad arrivare a una caccia agli italiani che porterà morti e feriti; 1920-1940, ‘All’ombra del fascismo’, il periodo in cui gli italiani sono più numerosi in Francia con l’avvento di Mussolini al potere. Quello tra il 1950 e il 1960 ‘Dolce vita?‘, è il periodo in cui c’è l’accordo della manodopera franco-italiana che apre l’ultima fase del flusso migratorio transalpino fino agli inizi degli anni ’60, quando Fellini firma la sua ‘Dolce Vita’. Grazie a 400 oggetti tra quadri, estratti di film, fotografie, disegni, carte geografiche e oggetti vari, il percorso alterna momenti drammatici ad altri più divertenti, prendendosi anche gioco, con ironia leggera, dei classici stereotipi che riguardano gli italiani.