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HomeEsteri È lecito vietare il velo sul luogo di lavoro, la sentenza della Corte Ue

È lecito vietare il velo
sul luogo di lavoro
La sentenza della Corte Ue

Divieto coerente con la policy aziendale

Due licenziamenti in Belgio e in Francia

di Valerio Del Conte14 Marzo 2017
14 Marzo 2017

“Il divieto di indossare un velo islamico, se deriva da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali”. Così si è espressa La Corte di Giustizia dell’Unione Europea su due casi avvenuti in Francia ed in Belgio.

I casi. L’episodio francese riguarda il licenziamento di una donna musulmana che lavorava in uno studio di ingegneria indossando uno hijab. Nel 2008 un cliente si lamentò, chiedendo che “non ci fosse nessuno con il velo” sul luogo di lavoro. La dipendente venne stata licenziata proprio per non aver accettato la richiesta della società di non indossare il velo. La decisione della Corte, però, si basa principalmente su un altro caso avvenuto in Belgio. Samira Achbita è una donna musulmana che, dal 2003, lavorava come receptionist per l’impresa G4S, all’interno della quale vigeva la regola ufficiosa di non indossare sul posto di lavoro segni che manifestassero convinzioni politiche, filosofiche o religiose. Nel 2006, Samira chiese al datore di lavoro il permesso di indossare l’hijab, ma le fu negato, anzi, la regola venne ufficializzata e scritta nero su bianco. In entrambi i casi, le donne si sono rivolte ai giudici nazionali, che hanno poi chiamato in causa la Corte europea di Giustizia.

La sentenza. La direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro è stata la linea guida per la decisione della Corte Ue. La norma interna dell’impresa G4S non implicherebbe una disparità di trattamento, purché non venga applicata su base personale, ma coerentemente con la politica aziendale. La Corte aggiunge che, qualora si dimostrasse che il codice di abbigliamento neutrale comporti uno svantaggio concreto per i dipendenti che aderiscono ad una specifica ideologia o religione, la norma potrebbe essere considerata una discriminazione “indiretta”. Questo appunto, però, non cambia le carte in tavola, in quanto la “discriminazione indiretta può essere oggettivamente giustificata da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità filosofica, religiosa e politica nei rapporti con i clienti”.

Le leggi in Francia e Belgio. Nel 2011 la Francia è stato il primo Paese europeo a mettere al bando l’uso del velo approvando una legge che vieta la copertura del viso nei luoghi pubblici. La legge ha introdotto anche un nuovo tipo di reato, la “dissimulazione forzata del volto”, per chi costringe una donna a coprirsi. In Belgio, invece, vige il divieto di indossare veli che coprano tutto il viso, come nel caso del burqa o del niqab.

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