Il 13 marzo di quattro anni fa, alle 19.06, una fumata bianca annunciò l’elezione del nuovo Papa, Jorge Mario Bergoglio. Il pontefice argentino, primo a venire dal Sudamerica, decise di prendere il nome di Francesco, il santo di Assisi, ed avviare, sin dai primi mesi del pontificato, una rivoluzione silenziosa che avrebbe dovuto cambiare il volto della Chiesa, ripulendone l’immagine sporcata da tanti scandali e riavvicinandola alla gente comune. Punti centrali della sua azione, la lotta alla pedofilia, con l’istituzione di una commissione per la tutela dei minori, ma anche l’impegno per cercare di risanare le finanze pontificie con la creazione della segreteria per l’economia. A questo si affianca il tentativo di riforma della Curia, che come ultima novità ha introdotto le consultazioni popolari per la scelta del nuovo Vicario di Roma, alla quale si potrà partecipare entro il 12 aprile. Ma a scatenare le più forti opposizioni a Papa Francesco sono state soprattutto le numerose aperture fatte su temi come quello della comunione ai divorziati risposati, di cui si è discusso nel corso dell’ultimo Sinodo sulla famiglia.
Se all’interno della Chiesa, sono cresciuti nel tempo gli ostacoli alla sua azione riformatrice, Bergoglio è amato dalla gente comune per il suo stile semplice e sobrio. La rinuncia all’appartamento papale, con la scelta di vivere a Santa Marta, o le uscite improvvise, ad esempio per cambiare gli occhiali, come una persona qualunque, lo hanno reso più “umano” dei suoi predecessori. Il quinto anno alla guida della Chiesa si apre con molte sfide ancora da affrontare. Sul fronte interno, si dibatte sui cosiddetti “viri probati”, gli uomini sposati per i quali si dovrebbe pensare alla possibilità di un’ordinazione sacerdotale in alcune parti del mondo, e sull’ammissione delle donne al diaconato. A livello internazionale, si punta a ricucire lo strappo con la Cina sulla scelta dei vescovi, mentre anche i rapporti con gli Usa rischiano di farsi più complicati dopo l’elezione di Trump.