Lo Stato Islamico, dal nord dell’Iraq fino alle zone centro-settentrionali della Siria, ha le ore contate. Mosul, la roccaforte irachena dell’Isis, sta per essere liberata. L’esercito di Baghdad e le truppe peshmerga del Kurdistan iracheno avanzano strada per strada, nella parte ovest della città, ormai a poca distanza dal centro. Il califfo Al Baghdadi è in fuga: l’intelligence Usa rivela che avrebbe lasciato Mosul, dove era nascosto, per evitare la cattura e cercare di nascondersi.
Raqqa, la capitale autoproclamata dell’Isis nel nord della Siria, è completamente circondata dall’esercito della Syrian Democratic Forces (SDF), la coalizione che riunisce le forze democratiche siriane. A cui si sono aggiunti da ieri notte anche i 400 marines inviati dal Pentagono per prendere parte all’assalto finale che nei prossimi giorni darà il via alla battaglia conclusiva contro le milizie jihadiste. I soldati americani sono arrivati a Manbij, la città curda nel nord della Siria, e si sono uniti alle file delle brigate della repubblica confederale del Rojava. Si tratta di reparti speciali, truppe d’assalto selezionate che uniscono Marines e Army Rangers, equipaggiati con artiglieria pesante e pronti ad aprire il fuoco. Nei prossimi giorni Washington invierà altre mille unità, superando il limite di massimo 500 soldati sul terreno che era stato stabilito da Obama. Le due capitali del regno del terrore creato dal califfo Al Baghdadi tre anni or sono, dunque, sono in procinto di cadere.
Proprio in vista dell’avanzata finale su Raqqa e Mosul e la conseguente caduta dello Stato Islamico, il 22 e il 23 marzo si terrà a Washington un vertice della coalizione globale anti-Daesh. Il dipartimento di Stato, guidato da Rex Tillerson, darà la linea nell’incontro che vedrà la partecipazione di ministri degli esteri di 68 nazioni. Un segnale dell’interesse dell’amministrazione Trump alla lotta anti Isis e della volontà di mantenere una guida americana sulla coalizione.