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Ma i legali: “Non conosce Tiziano Renzi”

Consip, Romeo non risponde
Ma i suoi legali:
"Non conosce Tiziano Renzi"

Interrogatorio in carcere

per l'imprenditore campano

di Giulia Turco06 Marzo 2017
06 Marzo 2017

Alfredo Romeo si avvale della facoltà di non rispondere. L’imprenditore napoletano, accusato di corruzione per le vicende che lo legano a Marco Gasparri, e in carcere da mercoledì scorso, è stato sottoposto questa mattina all’interrogatorio di garanzia del pm Gaspare Sturzo e, come previsto, non ha risposto alle domande degli inquirenti. “Non è vero nulla, sono vittima di una strumentalizzazione che mi sembra solo la conseguenza di un’aspra contesa di natura politica”, si è sfogato con i suoi legali, Francesco Carotenuto, Giovanni Battista Vignola e Alfredo Sorge, recati questa mattina a Regina Coeli.

“Nell’aprile scorso Alfredo Romeo ha presentato in Consip un esposto in cui venivano descritti i suoi rapporti e il meccanismo con cui venivano affidati gli appalti, lui fu danneggiato. Quell’esposto fu inviato per conoscenza anche all’Anac e all’Antitrust”, ha spiegato il legale Vignola, al termine dell’interrogatorio. “L’incartamento è stato inviato ai pm di Napoli tre mesi fa e a quelli di Roma venti giorni fa”, ha poi aggiunto.

Nonostante il suo silenzio di oggi, negli scorsi giorni ha tuttavia annunciato di voler formulare la richiesta di dichiarare nulli i presunti pizzini del suo cliente, recuperati dalla spazzatura del suo ufficio e ricostruiti dagli investigatori. “Sono stati prelevati e riassemblati in nostra assenza, – ha affermato il legale Carotenuto – si tratta di prove inammissibili.” E in quanto a presunti versamenti di soldi ha concluso che “non c’è prova che questi soldi siano stati versati”. I pizzini trascinano nella vicenda vari nomi, tra cui quello di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, incastrato secondo i pm da una lettera ‘T’ puntata e preceduta dalla dicitura “30 mila euro al mese”.

Nel frattempo, la Procura di Roma continua ad indagare sulla cosiddetta “fuga di notizie”. I pm romani hanno avviato una serie di procedimenti, in base ai quali rischiano i pubblici ufficiali che hanno avuto diretto contatto con l’inchiesta e che potrebbero aver infranto il segreto istruttorio.

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