Molti dei nuovi consiglieri di spicco della Casa Bianca sono legati alla galassia dell’estrema destra americana, nata sul web, denominata Alt-right. Abbiamo intervistato in esclusiva su questo tema la professoressa Ruth Ben-Ghiat, docente della New York University: Ben Ghiat è un’intellettuale di spicco del mondo accademico statunitense, commentatrice della Tv nazionale statunitense CNN, ed esperta di fascismo e regimi autoritari.
Qual è l’estensione dei legami tra l’amministrazione Trump e l’estrema destra “Alt-right”, la nuova comunità online di suprematisti bianchi e neonazisti, vicina al sito Breitbart News?
«Steve Bannon, capo stratega e primo consigliere del presidente Trump, è il teorico dell’Alt-right. Insieme a Stephen Miller, assistente personale e senior advisor del presidente Usa, e ora anche a Sebastian Gorka, vice assistente alla presidenza. Gorka fa parte dell’organizzazione transnazionale di estrema destra New Order, che estende i suoi rami – in parte grazie all’azione di propaganda del sito Breitbart – fino alla destra europea. Gorka è andato a incontri e convegni organizzati dai gruppi antisemiti neo nazisti ungheresi. Il sito Breitbart sta supportando il Front National in Francia, e altri gruppi simili nel resto del vecchio continente».
Il potere di Steve Bannon all’interno dell’amministrazione sta crescendo giorno dopo giorno. È stato direttore del sito Breitbart, e Ceo della campagna elettorale di Trump. Ora è stato nominato membro del National Security Council, carica negata invece, ad esempio, al direttore della National Security Agency. Cosa ne pensa?
«Penso che Bannon sia il vero cervello di questa amministrazione. Bannon è un individuo pericoloso, a causa della sua agenda di “decostruzione dello Stato” e per la sua teoria secondo la quale è necessario un “evento shock” per destabilizzare il governo. Abbiamo potuto vedere i primi effetti del suo potere in queste settimane seguenti all’Inauguration Day».
Richard Spencer è il leader dell’Alt-right. È un suprematista bianco e un neonazista: ha celebrato la vittoria di Trump dopo le elezioni di novembre esclamando “Hail Trump, hail victory!” (Sieg Heil in tedesco) dal palco di un convegno a pochi passi dalla Casa Bianca. Quali sono i suoi legami con l’amministrazione Trump?
«Possiamo dire che l’influenza delle idee di Spencer sull’amministrazione Trump, che passa attraverso Miller e Bannon, può essere riscontrata nel fatto ad esempio che la Casa Bianca ha espressamente mancato di menzionare gli Ebrei nel discorso per le celebrazioni della Giornata del Ricordo dell’Olocausto».
Vorrei chiederle la sua opinione, in veste intellettuale contemporanea di spicco, in merito al profilo politico e culturale di Trump. In questi giorni è in corso un dibattito sul populismo del neopresidente. Secondo lei è definibile come un normale populista? È corretto pensare a una sua vicinanza all’ideologia fascista?
«Trump non è fascista, dal momento che non ambisce ad instaurare uno Stato fondato su un unico partito. È tuttavia un politico di tipo autoritario: ci sono somiglianze con i metodi dei regimi autoritari in termini di repressione della società civile, intimidazione della popolazione, ricerca del rapporto diretto dell’uomo forte con il popolo».