«Alle 14.45 vado dai carabinieri ad autodenunciarmi per ‘l’aiuto al suicidio’ di Fabo», così il radicale Marco Cappato, su Twitter, ha annunciato la sua intenzione di dare battaglia allo Stato italiano sul fronte legale. Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, da anni impegnato su questo tema attraverso la campagna Eutanasia Legale, ha accompagnato nel suo ultimo viaggio in Svizzera Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, che è morto ieri alle 11,40 in una clinica. L’iniziativa dell’ex eurodeputato radicale non ha solamente valenza politica, bensì anche giuridica. Cappato potrebbe rischiare infatti una condanna per “istigazione al suicidio”, secondo quanto sancito dall’articolo 580 del codice penale, che afferma: Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni.
Chiusa la drammatica vicenda umana del dj milanese, proseguono le polemiche e le diverse prese di posizione del mondo etico e politico. In un comunicato Alberto Cozzi, presidente della sezione milanese di Amci, l’Associazione medici cattolici italiani, ha dichiarato che i medici cattolici «commossi riaffermano il loro impegno a rispettare ogni persona sofferente, per accompagnarla e condividere tutta la loro esperienza di vita». Nel comunicato si legge ancora: «Ieri dj Fabo ha visto faccia a faccia il suo Creatore, Colui che lo ha pensato, voluto, gli ha dato la vita, lo ha apprezzato, lo ha associato nel suo mistero e lo ha sempre, anche oggi, teneramente amato. Ieri dj Fabo ha incontrato chi può accogliere tutta la sua persona e la sua fatica particolare».
Ad alimentare il dibattito pubblico in queste ore è anche un altro caso analogo, quello del sessantaquattrenne veneto Gianni Di Sanzo, pensionato Telecom, che nella giornata di oggi si sottoporrà a suicidio assistito nella stessa clinica dove ieri si è spento Fabiano Antoniani. «Potrei vivere ancora mesi, forse anni, ma non riesco a mangiare, a parlare, a dormire. Provo dolori lancinanti. È una sofferenza senza senso» ha dichiarato l’uomo, raccontando poi al Fatto Quotidiano il suo calvario fatto di terapie ed operazioni, dopo la diagnosi di tumore. La moglie che lo ha accompagnato ha dichiarato all’Ansa: «Sono dei pellegrinaggi crudeli. Siamo arrabbiatissimi, mio marito avrebbe voluto morire a casa».
Sul fronte legale intanto, in una intervista a Radio24, Marco Cappato ha esternato la propria speranza di essere incriminato e di potersi difendere in un processo, precisando anche che «in Italia è reato l’istigazione al suicidio ma, in questo caso, non c’è stata alcuna istigazione». «Io» ha continuato l’esponente radicale «ho solo aiutato Fabo nella sua decisione: sabato mattina l’ho caricato in macchina con la sua carrozzella e portato in Svizzera. Ora lo Stato ha due strade: o fare finta di nulla, nel senso che essendosi tutto svolto fuori dall’Italia fa finta di non sapere niente, oppure incriminarmi, e io spero che lo faccia», ha concluso.
Il procuratore di Milano Francesco Greco ha annunciato che il fascicolo verrà assegnato, quando arriverà la denuncia, al pm Tiziana Siciliano, che coordina il pool “ambiente, salute e lavoro”. Ha poi precisato che l’autodenuncia di Cappato «sarà valutata sotto tutti i profili giuridici, compresa la giurisprudenza della Cedu, in materia di diritti».