Nella lunga notte degli Oscar ci sono anche delle stelle cadenti. Tra queste c’è l’errore di Warren Beatty, che dopo aver aperto la busta annuncia “La La Land” come vincitore del miglior film. Ma è tutto un errore. Il cast guidato dal regista Damian Chazelle, il più giovane vincitore dell’Oscar alla regia, deve restituire il premio. «It’s not a joke», “non è uno scherzo”, comunicano dal palco «il vincitore è Moonlight». Non era mai successo.
“La La Land” vince sei Oscar. Il musical non sbanca come previsto, ma può vantare importanti statuette. Come quella di Emma Stone, miglior attrice protagonista, che vince la concorrenza della leggenda Meryl Streep. Il premio come miglior attore protagonista va invece a Casey Afflek in Manchester By the Sea.
Lo scorso anno nessun artista nero aveva vinto un premio, come sottolineato anche dai movimenti per i diritti degli afroamericani. L’89esima edizione è stata invece molto più equilibrata. Viola Davis vince l’Oscar come miglior attrice non protagonista in Fences, mentre l’attore Mahersala Ali ottiene il premio corrispettivo in Moonlight. Ali diventa così il primo musulmano a vincere un oscar.
E chissà se la notizia piacerà a Donald Trump. La notte degli Oscar è stata anche un’occasione di denuncia contro le politiche del presidente degli Stati Uniti. C’è chi sfoggia, come l’attrice Ruth Negga, il nastro azzurro dell’Aclu (American Civil Liberties Union, l’organizzazione che si batte per i diritti civili).
Ma la protesta più grande arriva da chi decide di non presenziare alla cerimonia. Il regista iraniano Asgahr Fahradi, il cui film “Il Cliente” ha vinto l’Oscar come miglior pellicola straniera, ha mantenuto la promessa di qualche mese fa. Fahradi non era presente al Dolby Theatre per protesta contro il muslim band firmato da Trump e per rispetto verso suoi connazionali.
L’assenza di Fahradi si è comunque fatta sentire. Il regista ha affidato la sua protesta a una lettera. «La mia assenza è dovuta al rispetto per i miei concittadini e per i cittadini delle altre sei nazioni che hanno subito una mancanza di rispetto a causa di una legge disumana. Dividere il mondo fra noi e gli altri, i ‘”nemici”’, genera paure e crea una giustificazione ingannevole per l’aggressione e la guerra».
Ed è proprio un italiano a condividere il pensiero di Fahradi. «Io sono italiano, questo Oscar è per tutti gli immigrati». Così Alessandro Bertolazzi ha concluso il suo discorso ricevendo il premio Oscar per il miglior trucco in “Suicide Squad”.