Un drastico taglio alla cultura. Questa è l’eredità che la crisi economica del 2009 ha lasciato all’Italia. I dati di Openpolis parlano chiaro: dal 2010 in poi la spesa media per la cultura delle maggiori città italiane è costantemente diminuita, fino a raggiungere il record negativo di 61 euro pro capite nel 2014. Ad oggi, il settore privato resta il maggiore investitore in campo culturale, mentre Stato e comuni rinunciano appena possono al loro ruolo di difensori del patrimonio cittadino. Sembra che il messaggio che Giulio Tremonti inviò a Sandro Bondi, allora ministro della Cultura, nell’ottobre 2015, resti ancora valido. “In tutta Europa, anche a Parigi e Berlino, stanno tagliando i fondi alla cultura – diceva allora il ministro dell’Economia – è molto triste, una cosa terribile, lo capisco. Ma vorrei informare Bondi che c’è la crisi, non so se gliel’hanno detto: non è che la gente la cultura se la mangia”.
Alcune città italiane sono in controtendenza. Firenze, capitale culturale per eccellenza, è la città che spende di più in assoluto, quasi 165 euro pro capite nel 2014, contro i 15 che spendeva invece Napoli. Insieme a Trieste è l’unica a rimanere stabile in cima alla classifica. Una sorpresa sono invece alcune delle principali città del Mezzogiorno, tra le quali spicca Palermo, futura Capitale della Cultura 2018. Dal 2014 ad oggi, Palermo è la città ad aver aumentato maggiormente le sue spese culturali, sfiorando l’81%. Al suo fianco Bari, Napoli (che prima era ultima) e Catania. Tuttavia, il sud resta separato dal nord Italia da un divario molto ampio e difficile da colmare.