Da ieri domenica 19 febbraio in seconda serata su Rai3 “I ragazzi del Bambino Gesù” , il documentario ideato da Simona Ercolani che accompagna il pubblico di Rai3 nei corridoi e nelle stanze dell’ospedale pediatrico più grande d’Europa, capace di accogliere ogni anno oltre 100 mila pazienti da ogni parte d’Italia.
Dieci puntate durante le quali i piccoli pazienti Roberto, Klizia, Annachiara, Flavio, Giulia, Caterina, Sabrina, Simone Alessia e Sara portano sulla lo schermo le loro speranze e timori, insieme alle loro famiglie, alla professionalità di medici e infermieri, alla dedizione dei volontari e delle associazioni.
«Il documentario ci insegna che la malattia non è un tabù, ma una condizione che attiva meccanismi di coraggio e di solidarietà – dice Filomena Albano, garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, secondo cui il progetto testimonierà «come sia possibile un impegno comune per attraversare la sofferenza e come dalle sue pieghe sia possibile intercettare la speranza e la bellezza della vita».
Perplessità tra gli addetti ai lavori per la scelta di portare davanti alla telecamera i bambini. «Vogliamo raccontare l’autenticità della malattia entrando in punta di piedi in una realtà fatta di sofferenza, ma pure di grande speranza» replica la regista, che con il precedente “Sfide” ha cambiato il modo di raccontare lo sport in televisione.
Vedremo quindi Caterina, 15 anni da Acerra, che attende di ricevere un rene: glielo donerà sua mamma Marilisa, che grazie alla compatibilità clinica ha potuto ridurre ad appena due mesi i tempi della dialisi della figlia. Si scopriranno le storie di Flavio (14) e Klizia (18), entrati nella struttura per curare la leucemia linfoblastica acuta, la forma di cancro più diffusa in età infantile. Verrà svelato il percorso che condurrà Alessia, 16 anni, a ricevere un trapianto di cuore.
Al termine di ogni puntata, sui social dell’ospedale Bambino Gesù un pediatra e uno specialista risponderanno in diretta alle domande del pubblico sulle questioni sanitarie emerse dal racconto. Con un unico, grande messaggio: nel percorso verso la guarigione non bisogna mai darsi per vinti.