È stato presentato al Senato un disegno di legge per il contrasto alle false notizie che infestano la rete. La prima firmataria del testo, denominato “disposizioni per prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica”, è Adele Gambaro, espulsa dal M5S e adesso nel gruppo parlamentare (Ala-Scelta Civica). Eventuale oggetto della disposizione però non sono le testate giornalistiche registrate, bensì blog, forum e siti di informazione molto spesso di natura amatoriale.
Tra i contenuti più rilevanti del testo anzitutto si trova una aggiunta all’articolo 656 del codice penale, il quale già stabilisce: Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro. Con il ddl Gambaro l’articolo 656 bis sancirebbe la punibilità, con ammenda fino a 5.000 euro, di chi diffonde, attraverso piattaforme informatiche, notizie false, esagerate e tendenziose.
Poi ci sono gli articoli 265 bis e 265 ter, che andrebbero in aggiunta all’attuale articolo del codice penale. Il primo prevede la reclusione non inferiore a 12 mesi e l’ammenda fino a 5.000 euro nel caso siano diffuse voci o notizie false che possono destare pubblico allarme, o in caso vengano svolte attività nocive agli interessi pubblici, anche attraverso il web. L’art. 265 ter invece prevede, nel caso di campagne d’odio contro individui, o volte a minare il processo democratico, la reclusione non inferiore a 2 anni e una ammenda fino a 10.000 euro.
Negli ultimi mesi il tema delle bufale online ha suscitato molte prese di posizione; in primis quelle della presidente della Camera Laura Boldrini, essa stessa oggetto di continui insulti e false notizie in rete. Tuttavia alcuni fanno osservare il rischio di derive autoritarie con misure di questo tipo. Come si legge su Repubblica, gli avvocati Francesco Paolo Micozzi e Giovanni Battista Gallus evidenziano il pericolo di un chilling effect, che porterebbe «qualsiasi persona a desistere dal commentare o dallo scrivere qualunque cosa in Rete nel timore che qualcuno possa ritenerla una fake news».
Fa discutere anche la norma che prevede, all’apertura di un qualsiasi blog o sito diretto alla diffusione di informazioni, l’invio da parte dell’amministratore, tramite posta elettronica certificata, di tutte le informazioni personali (nome, cognome, domicilio e codice fiscale) alla Sezione per la stampa del tribunale.