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HomeCultura Analfabetismo universitario: «Serve formazione dei docenti e studio dell’italiano»

Analfabetismo universitario
"Serve formazione docenti
e studio dell'italiano"

Lumsanews ha intervistato in esclusiva

il linguista Francesco Sabatini

di Davide Di Bello07 Febbraio 2017
07 Febbraio 2017

Alla Maturità 2018 si potrà essere ammessi se si ha almeno la media del 6, condotta inclusa. Dunque non sarà più richiesta la sufficienza in tutte le discipline come avviene ora. Lo prevede lo schema del decreto sugli esami di stato arrivato sul tavolo dei parlamentari. Il provvedimento indica, tra gli altri requisiti per l'ammissione all'esame, la partecipazione alle prove Invalsi, lo svolgimento dell'alternanza scuola lavoro e, come nella normativa vigente, la frequenza per almeno tre quarti del monte ore annuale. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

L’allarme è stato lanciato da 600 docenti universitari del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, ma in Italia lo scarso feeling tra le nuove generazioni e la lingua italiana è una sirena che suona ininterrotta da anni. “E’ chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente” – si legge nella lettera inviata al governo per chiedere interventi urgenti, firmata da accademici della Crusca, linguisti, docenti di letteratura italiana e di diritto, storici e filosofi, sociologi ed economisti – Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico) con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana”.

Puntuali come un congiuntivo sbagliato o un passato remoto mal declinato, sono arrivate le reazioni politiche. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana attacca: «Quando la politica e le istituzioni pensano che la scuola e il sistema di formazione siano solo qualcosa di indistinto e non utile per il futuro del Paese, in cui tagliare a più non posso, questi sono i risultati».

Replica Francesca Puglisi, responsabile scuola Pd, che rivendica i 40 milioni di euro investiti con il governo Renzi per la formazione in servizio dei docenti, ed auspica che «il Miur istituisca una commissione per aggiornare le indicazioni nazionali della scuola secondaria di secondo grado per garantire ai nostri ragazzi il raggiungimento degli obiettivi essenziali di conoscenza e competenza».

Lumsanews ha intervistato il linguista e Presidente Onorario dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini.

Professor Sabatini, la prima domanda è banale: di chi è la colpa delle carenze dei nostri ragazzi?

Sono cose dette e ridette da 40-50 anni, ma la politica dell’istruzione in Italia i politici non la sentono e non la amano. c’è poco da fare. Sono stati presi provvedimenti per la lingua inglese, ma mai perr quella italiana. Ci vorrebbe una politica di più ampio respiro, che spinga ad una formazione più consistente e più specifica dei docenti di italiano, favorire una formazione più scientifica di coloro che poi devono insegnare nelle scuole. La colpa non è dei professori ma di chi non li ha formati o di non ne ha favorito la formazione. Anche i programmi o le indicazioni ministeriali non sono mai risultati appropriati e significativi.

I continui tagli all’Istruzione e alla Ricerca possono far affiorare nei ragazzi un senso di straniamento, come se la linguistica e la grammatica non servissero a nulla?

L’istruzione serve a far comprendere bene i problemi della società, prima di tutto quelli di comunicazione linguistica, senza la quale viviamo al livello delle scimmie, che sono tanto simpatiche ma non hanno il linguaggio.

Professore, quali sono gli errori più frequenti in cui le è capitato di imbattersi nella sua carriera?

Di ogni genere. Sintassi, lessico, ortografia.

Che ruolo hanno in tutto questo le tecnologie, per esempio gli sms, che utilizziamo ogni giorno?

Sono una risorsa in più. Naturalmente i ragazzi sarebbero portati a scrivere soltanto in forme abbreviate e semplici, è la scuola che deve educarli ad un uso più ampio e più ricco delle parole. Le scritture abbreviate esistono da sempre, anzi da millenni. Anche i romani le usavano. E’ che adesso il mezzo a portata di mano fa sembrare sufficiente quel sistema, ma non basta

E internet? E’ nato come strumento di condivisione delle conoscenze ma sembra aver avuto l’effetto opposto.

Certo, perché se ne fa un uso povero, esclusivo. Facciamo un paragone: le scarpe e il piede. Se io non esercito e non rafforzo i muscoli, è inutile avere un bel paio di scarpe, mi stancherò appena faccio 100 metri. Le scarpe sono necessarie perché non abbiamo più la capacità di camminare a piedi nudi, ma non sono le scarpe che camminano, sono i nostri piedi.

I docenti denunciano che le università hanno dovuto addirittura istituire dei corsi di recupero di italiano. Da dove si deve ricominciare?

Due risposte. Anche gli adulti possono riprendere in mano gli strumenti e i rudimenti del saper scrivere e saper leggere. Se ci dedicano un po’ di tempo ottengono un vantaggio. Per quanto riguarda il sistema scolastico, occorre aggiornamento e nuova formazione degli insegnanti in modo più specifico, su basi più scientifiche. Il linguaggio è una realtà molto complicata, non si va a orecchio, ad occhio e a spanne. Bisogna aver studiato linguistica e capirne il funzionamento. Bisogna che si faciliti l’aggiornamento vero degli insegnanti che sono già in cattedra e, per quelli che dobbiamo ancora formare, che l’università diffonda di più gli insegnamenti linguistici.

E’ stata proposta una commissione di indirizzo specifico al Miur: può essere la soluzione?

Ci sono sempre state queste commissioni, ma  poi si finisce con l’essere poco incisivi. Io ne ho fatto anche parte negli anni addietro: vanno fatte serie e competenti e bisogna dare ascolto a quello che dicono. E lasciar perdere le interferenze di gruppi di potere, gruppi editoriali e tecnologie per vendere i computer. Come se il computer sostituisse la nostra testa e le nostre mani. Ci vogliono queste commissioni, nessun ministro può fare da solo, ma se poi la commissione non è fatta come si deve o non si dà retta a quello che la commissione dice, allora non serve a nulla. Io ho esperienza rispetto a quanti freni vengono posti ai nostri suggerimenti. Intaccare lo stato esistente porta sempre a disturbare interessi costituiti.

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