Si espande a macchia d’olio la crisi dei giornali e dei giornalisti in Europa. In Italia, secondo i dati dell’Inpgi 2012, cinquantotto aziende hanno dichiarato lo stato di crisi con la conseguenza che circa 1200 giornalisti si sono trovati a destreggiarsi fra prepensionamenti, cassa integrazione e contratti di solidarietà.
Rivolta al “Pais”. In terra spagnola i giornalisti de “El Pais” sono in rivolta a causa del drastico piano di ristrutturazione dell’azienda, che prevede una riduzione di 149 posti di lavoro su 440, con un taglio del 34,5 % degli organici e una diminuzione del 15% degli stipendi per chi mantiene il posto. Il sindacato del quotidiano madrileno ha proclamato nove giorni di sciopero fra ottobre e novembre, con il primo giorno previsto per il 25 ottobre. Il presidente del gruppo Prisa giustifica i tagli con un calo del 5% degli utili nel primo semestre, dato che non giustifica comunque la falcidia dei posti di lavoro poiché, sostengono i sindacati, Prisa ha generato tra il 2000 e il 2011 introiti per 851,8 milioni di euro. Ma il caso de “El Pais” è solo la punta dell’iceberg: dal 2008la Spagna ha perso cinquantasette media oltre i 2000 giornalisti rimasti senza lavoro.
La crisi oltre Manica. Anche il colosso inglese “The Guardian” non è esente dalla crisi. Secondo il “Daily Telegraph” la proprietà del quotidiano starebbe «seriamente discutendo» di uscire solo online. Il direttore Alan Rusbridger ha però smentito, tramite Twitter, l’intera faccenda: «È semplicemente falso. I numeri per cassare la versione cartacea e passare a internet non tornano. Il Telegraph ha scritto l’opposto della verità». Nonostante i 44 milioni di sterline di perdita annuale del giornale le rotative,quindi, non saranno fermate.
Oltre i confini europei. In Tunisia il 90% dei giornalisti ha aderito, ieri, alla giornata di sciopero in favore della libertà d’informazione. La protesta riguarda due decreti del governo (varati nel 2011 e mai attuati) in ambito di protezione delle fonti e libera circolazione delle notizie. I giornalisti tunisini inoltre chiedono al governo di garantire la libertà di espressione nella nuova carta costituzionale in via di sviluppo.
In Pakistan i giornalisti sono stati minacciati dai Talebani dopo il clamore suscitato dal tentato omicidio della giovane Malala Yousafzai. Secondo gli integralisti islamici i media pakistani avrebbero dato “troppa visibilità” all’episodio. Le minacce sono state confermate grazie ad un’intercettazione fra Hakimullah Mehsud, capo di Tehrik-e Taliban-e Pakistan, organizzazione di gruppi talebani e un suo collaboratore. Nel corso della conversazione il capo di TTP fornisce indicazione su come attaccare i giornalisti in varie città del paese.
Francesca Ascoli