La attesa sentenza della Corte Costituzionale ha privato l’Italicum del suo elemento distintivo, il ballottaggio, pur mantenendo il resto dell’impalcatura. Resta adesso da capire quali scenari si prospettano, alla luce del diverso sistema elettorale che regola il Senato (il Consultellum) e della disomogeneità tra le due leggi.
Le disposizioni che prevedevano il ballottaggio sono state dichiarate incostituzionali. Proprio il secondo turno di votazioni, al quale avrebbero avuto accesso le due liste con più preferenze (al di sotto del 40%) era stato messo al centro delle polemiche. Non era prevista infatti una soglia minima di sbarramento per accedervi dunque, potenzialmente, avrebbe potuto vincere le elezioni (con annesso premio di maggioranza) anche una formazione con il 20% o 15% delle preferenze al primo turno. Si poneva quindi un problema di effettiva rappresentatività, con maggioranze molto solide formate però da forze minoritarie.
La Consulta ha poi ritoccato il sistema delle pluricandidature. Restano i capilista bloccati, così come la possibilità per questi di candidarsi in più collegi (fino a 10), ma viene meno la libertà di scegliere (in caso di elezione multipla) in quale collegio considerarsi eletto. Secondo quanto stabilito dalla Corte si procederà per sorteggio.
Si profila dunque, alla Camera, un sistema proporzionale con premio di maggioranza (che la Corte ha mantenuto intatto) alla singola lista che supera il 40% delle preferenze. Se questa soglia non viene raggiunta scatta la ripartizione proporzionale tra tutti i partiti che hanno superato lo sbarramento del 3%. Al Senato invece il Consultellum è un sistema proporzionale puro. Prevede una soglia su base regionale dell’8% per chi corre da solo, e del 3% per i partiti inseriti nelle coalizioni.
Appare dunque evidente la diversità tra i due sistemi. Allo stato attuale andare al voto comporterebbe la difficoltà a formare una solida maggioranza. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha, in più occasioni, puntualizzato quanto sia importante l’omogeneità tra le due leggi elettorali, così da garantire stabilità al Paese. Per percorrere questa strada l’unica soluzione sembrerebbe quella di ridare la parola al Parlamento, chiamato appunto a legiferare in merito.