Dodici anni dopo il suo addio, stasera Riccardo Muti arriva nuovamente alla Scala per l’unica tappa italiana del tour europeo con la Symphony Orchestra. Era il 2 maggio del 2005 quando, fresco di dimissioni burrascose, alzò la bacchetta per l’ultima volta sul podio del teatro milanese portando in scena i Wiener Philharmoniker. Oggi è pronto a tornare, felice di presentare all’Italia, dopo i successi di Amburgo e Parigi, quella che definisce ‘la sua nuova famiglia’, ovvero l’orchestra americana di cui è direttore musicale.
75 anni compiuti lo scorso giugno, una carriera brillante e amatissimo dal pubblico. Non è infatti una sorpresa che la doppia data del 20 e 21 gennaio sia già sold-out da tempo. Il primo concerto si aprirà con il Don Juan di Richard Strauss e si chiuderà con Contemplazione di Alfredo Catalani. La serata di sabato inizierà invece con il Konzertmusik per archi e ottoni di Paul Hindemith, seguito da In the South (Alassio) di Edward Elgar. Al ritorno in scena di Muti presenzieranno il sindaco di Milano Giuseppe Sala (presidente dello stesso teatro) e il Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini.
«Se discutiamo del passato, io della Scala ho solo i bei ricordi» dichiara Muti alla Fondazione Corriere della Sera, specificando che sul suo addio la stampa ha inventato tante bugie, specie all’estero. «Non hanno capito niente – continua – c’è stata una rottura. Nulla di catastrofico. Io me ne sono andato una volta. Toscanini tre». Felicissimo del suo ritorno è l’ex sovrintendente Carlo Fontana: «è un artista che ha caratterizzato un periodo memorabile». Muti si dice emozionato di tornare, ma quella del teatro di Milano è per lui «aria di casa». A chi insiste sulle vere ragioni del suo addio nel 2005 taglia corto: «Scriverò un libro prima di morire». Ad Alexander Pereira, nuovo sovrintendente della Scala, che gli chiede di dirigere un’opera nuova, risponde invece che «serve del tempo».