Già al solo udirla, l’espressione lobby, soprattutto nella sua italica accezione, richiama a qualcosa di torbido e oscuro, a sotterfugi ed attività non proprio trasparenti. Un tempo venivano chiamati “sottobraccisti”, per quel pittoresco modo di avvicinarsi ai parlamentari in Transatlantico, all’ingresso delle commissioni o tra i corridoi di Montecitorio, sempre a caccia di deputati.
É proprio per questo che dopo anni di proposte rimbalzate qui e là e di dibattiti sul tema, oggi l’ufficio di presidenza della Camera dei Deputati dovrebbe approvare la proposta di regolamentazione sul lavoro delle lobby, o gruppi di pressione per usare un’espressione più “politically correct”. La proposta, presentata dalla vicepresidente Marina Sereni del Pd, comporta l’iscrizione dei lobbisti ad un apposito albo online. A loro sarà riservata un’apposita stanza a Montecitorio dove potranno seguire i lavori parlamentari e incontrare i deputati. Saranno tenute ad iscriversi anche le imprese che intendono fare attività di lobby, i sindacati, le organizzazioni non governative, le associazioni di categoria come quelle dei consumatori e quelle professionali, come gli ordini degli avvocati o dei commercialisti.
Non solo. L’iscrizione al registro sarà preclusa a chi nell’ultimo anno è stato al governo o tra gli scranni del parlamento, una soluzione necessaria ad evitare il rischio delle sliding doors, di cui tanto si è parlato. Per iscriversi al registro sarà necessario non aver subito condanne definitive negli ultimi dieci anni per reati come concussione, o abuso d’ufficio. Chi viola le regole, vigilate da un “collegio dei questori” composto da tre deputati, viene punito con la sospensione fino a un anno o con il divieto di richiedere l’iscrizione fino a 5 anni.
«È una prova di maturità – dichiara la Sereni ai microfoni del Corriere della Sera – che riguarda tutto il nostro sistema politico. Se si pensa che la trasparenza sia importante, allora si deve valorizzare chi la sceglie»