Nuova puntata della telenovela Vivendi-Mediaset. La scalata del colosso francese al Biscione dovrà infatti fare i conti con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. L’Agcom infatti dal 21 dicembre scorso ha intrapreso un procedimento di verifica nei confronti dell’incetta di azioni tv berlusconiane iniziata qualche giorno prima da Bolloré. Le due aziende entro il 21 gennaio dovranno fornire tutta la documentazione per illustrare la loro posizione nella vicenda. L’Authority si pronuncerà solo il 21 aprile, ma stando al contenuto della delibera sui lavori preliminari, un’eventuale Offerta di Pubblico Acquisto da parte di Vivendi non sarebbe giuridicamente accettabile.
La ricostruzione. Vivendi aveva sferrato il suo attacco a Mediaset il 12 dicembre 2016, iniziando a rastrellare sul mercato i titoli del gruppo televisivo di Cologno Monzese. In pochi giorni il 30% delle azioni del Biscione erano già francesi, a fronte di una spesa di oltre un miliardo e duecento milioni di euro. Mentre Vivendi sospendeva l’acquisto dei titoli (oltre il 30%, per legge, è obbligatorio presentare formalmente un’Offerta di Pubblico Acquisto), Fininvest giocava in difesa e investiva 120 milioni per accaparrarsi nuove azioni Mediaset. Nel frattempo si appellava alla Consob. Parallelamente anche l’Agcom avviava le sue indagini.
La Legge Gasparri. Ad intralciare i piani di Vivendi sarebbe la sua presenza in Telecom. Ciò causa infatti una violazione del “Testo Unico dei servizi audiovisivi e radiofonici”, scaturito dalla famosa legge che porta il nome dell’attuale vicepresidente del Senato. L’articolo 43 infatti, al comma 11 prevede che le imprese del settore delle comunicazioni elettroniche, i cui introiti superano il 40% dei ricavi complessivi di quel settore, “non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni (Sic) ricavi superiori al 10 per cento del sistema medesimo”. Secondo i dati pubblicati dall’Agcom stessa, Telecom possiede il 44,7% del mercato delle comunicazioni elettroniche, mentre Mediaset ne detiene il 13,3%. Ciò comporterebbe l’impossibilità per un solo gruppo di controllare entrambe le aziende e l’obbligo di cederne una ad un terzo soggetto.
La possibilità del disinvestimento. L’indagine dell’Agcom sta valutando un’altra possibile via da percorrere. Se il comportamento di Vivendi fosse giudicato come abuso di posizione dominante, lo stesso comma 11 dell’articolo 43 solleciterebbe i francesi a cedere alcuni pacchetti di azioni. Ma un provvedimento del genere può arrivare solo dopo la pronuncia definitiva dell’Autorità. Appuntamento dunque al 21 aprile, nella speranza di mettere la parola fine alla questione.