L’inchiesta bis per la morte di Stefano Cucchi chiude la fase delle indagini con l’imputazione di omicidio preterintenzionale che il pubblico ministero Giovanni Musarò contesta ad Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco – tre dei carabinieri che lo arrestarono nel parco degli acquedotti di Roma.
Con loro, il maresciallo Roberto Mandolini, comandante della stazione dei carabinieri Appia all’epoca dei fatti, e i carabinieri Vincenzo Nicolardi e Francesco Tedesco, accusati di falsa testimonianza che si è aggravata in calunnia. Per Mandolini e Tedesco, infine, anche il reato di falso verbale di arresto.
Con la nuova inchiesta ora sembra davvero possibile riscrivere la storia del pestaggio che la notte del 15 ottobre 2009 portò alle lesioni e al conseguente decesso del giovane pochi giorni dopo in un letto d’ospedale al Sandro Pertini, stabilendo un rapporto di causa ed effetto fra gli eventi segnalati.
Decisiva, in questo senso, l’ultima perizia di ufficio condotta dal direttore dell’Istituto di Medicina legale di Bari, Francesco Introna, che per la prima volta aveva dovuto riconoscere una contorsione logica e argomentativa.