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HomeCronaca La situazione drammatica dell’Unità. Licenziamenti collettivi senza garanzie

Dramma a L'Unità
Licenziamenti collettivi
senza ammortizzatori

Il Pd, socio di minoranza, insorge

Intanto la redazione è in sciopero

di Salvatore Tropea12 Gennaio 2017
12 Gennaio 2017

Tiene banco, nel mondo dell’editoria, la situazione dell’Unità. Il quotidiano fondato nel 1924 da Antonio Gramsci ha infatti annunciato dei licenziamenti collettivi senza ammortizzatori sociali e rischia dunque nuovamente di chiudere i battenti. La decisione dell’amministratore delegato, Guido Stefanelli è stata comunicata mercoledì mattina al comitato di redazione non di persona, ma attraverso una delegata dell’azienda Pessina, che possiede l’80% delle azioni della società che pubblica il giornale.

«La situazione all’Unità precipita», recita così un comunicato del cdr del quotidiano, che spiega come «in modo assolutamente unilaterale l’amministratore delegato ha annunciato di voler dare il via a licenziamenti collettivi senza ammortizzatori sociali, anziché proseguire nella trattativa con il sindacato per la trasformazione di articolo 1 in articoli 2» , quindi il passaggio di alcuni giornalisti da un contratto a tempo indeterminato ad un contratto come collaboratori fissi.

Nella nota, pubblicata sul sito internet dell’Unità, la rappresentanza sindacale promette di ricorrere ai tribunali della Repubblica «per fare luce su questi diciotto mesi di gestione» e sull’accertamento delle responsabilità, poiché «i colpevoli hanno nomi e cognomi e ne risponderanno in tutte le sedi». Il comunicato non precisa quanti siano i licenziamenti previsti, ma si parla di 12 giornalisti a rischio. Intanto la redazione del giornale è in stato di assemblea permanente e in sciopero.

La crisi dell’Unità è un duro colpo per il Partito Democratico, socio di minoranza con il 20% delle azioni. Solamente pochi mesi fa, il 15 settembre, la direzione del giornale era stata affidata al vignettista satirico Sergio Staino e al deputato democratico Andrea Romano. Sembrava dunque l’inizio di una fase di rilancio, soprattutto per cercare di appianare il rosso di circa 2 milioni di euro che gravava sul quotidiano del gruppo Stefanelli-Pessina. Ma i rapporti tra i soci di maggioranza e il Nazareno si sono incrinati irrimediabilmente dopo l’annuncio dei licenziamenti. I vertici del Pd hanno dichiarato di essere «sconcertati e indignati», soprattutto perché la decisione è arrivata alla vigilia dell’Assemblea dei soci di oggi, dove il Pd sarebbe pronto ad assicurare un aumento di capitale pro quota. Ma già il Governo si era reso protagonista – secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano lo scorso novembre – del salvataggio del quotidiano, versando i debiti dovuti dalla vecchia gestione dell’Unità alle banche creditrici. Un versamento, stando all’articolo del Fatto, che citava anche il Corriere della Sera come fonte, di ben 107 milioni di euro pubblici.

Per adesso la situazione rimane drammatica e non si intravedono miglioramenti. Una delle alternative possibili è la liquidazione del giornale, che potrebbe sopravvivere nella versione online, con il sito gestito da un’altra società e quindi completamente sganciato dalla linea editoriale della versione cartacea. Oppure, una nuova, ennesima, chiusura. L’Unità, infatti, dopo quella del luglio 2000, aveva chiuso una seconda volta nel 2014. Ma nel 2015, alla riapertura, solamente 29 del 59 giornalisti totali erano stati riassorbiti, con i rimanenti licenziati dopo due anni di cassa integrazione.

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