Resta ancora aperta la spinosa questione dei voucher, che agita il mondo politico. Oggi in Commissione Lavoro della Camera, si discute del disegno di legge sullo Statuto del lavoro autonomo. Atteso l’intervento del Presidente della Commissione ed ex ministro del lavoro Cesare Damiano, promotore di una proposta che riassegna ai voucher la loro funzione originari, prevedendo un utilizzo limitato soltanto alle prestazioni occasionali compiute da soggetti a rischio di esclusione sociale. In realtà, in commissione, vi saranno anche altre proposte simili, avanzate dal Movimento 5 Stelle.
L’obiettivo di Damiano è di riunire tutti i progetti presentati in un unico testo. I bonus, allora, verrebbero utilizzati solo per lavori saltuari e di conseguenza svaluterebbero il decreto legislativo 81/2015, voluto dall’attuale ministro Giuliano Poletti. Il provvedimento governativo, infatti, estende a tutti i settori produttivi – inclusi i locali – l’impiego dei voucher, e alza la cifra dei compensi netti in un anno da 5 a 7mila.
Intanto, si sollevano le polemiche. Nell’attesa del responso della Consulta – sull’ammissibilità di un referendum abrogativo dei voucher, avanzato dalla Cgil – le diverse posizioni politiche sono chiare. Se non ci saranno elezioni anticipate o interventi legislativi sulla questione, allora bisognerà forzatamente votare. A spingere verso l’eliminazione dei bonus, comunque, sono la sinistra del Pd, M5S, Lega, Sinistra italiana e alcuni esponenti di Forza Italia. Ma c’è anche chi li difende a spada tratta, come Pietro Ichino del Pd e Maurizio Sacconi dell’Area Popolare.
Gli occhi, però, sono puntati su Poletti, che ha assunto una posizione ambigua sul caso voucher. Il ministro del lavoro, infatti, da una parte sostiene di intervenire tramite legge per riorganizzare l’utilizzo dei bonus da 10 euro l’ora dall’altra, si concentra sul monitoraggio della tracciabilità dei voucher, inaugurata pochi mesi fa dall’ex premier Renzi. Ieri, tuttavia, hanno fatto discutere le sue dichiarazioni sui 100mila giovani in fuga dall’Italia per mancanza di lavoro. Scusandosi subito dopo: «Non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che quelli che rimangono abbiano meno competenze degli altri».