“Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull’esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio sì”. Adesso, forse, il puzzle è completo. A pochi giorni dal referendum si schiera anche Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo ed unico premier del centrosinistra ad aver battuto Berlusconi. Due volte.
Una presa di posizione che pesa molto, ma che va analizzata in profondità, soffermandosi soprattutto su quel “la mia storia personale”. Un richiamo alla tradizione politica, progressista e riformista, di un Pd dove sembra non si riescano a superare le reticenze di una sinistra stranamente conservatrice.
Un assenso che ha spiazzato forse anche Pierluigi Bersani, il quale ha osservato come quello di Prodi non sembri un sì entusiasta. L’ex segretario Pd ha poi ribadito di non volersi “turare il naso” e di non voler lasciare il No solo alla destra.
Duro invece Massimo D’Alema, che commentando l’affermazione di Renzi secondo cui con il No vincerebbe la casta, ha accusato Renzi stesso di essere il capo della casta. Di sé stesso ha invece detto: “Io non faccio parte più di una casta da diverso tempo, presiedo solo una fondazione culturale…”.
Ma con una battaglia da giocare sempre più sul filo del rasoio, a pochi giorni dal voto, per Renzi i pensieri sono rivolti ai numeri. Il voto estero potrebbe infatti assumere un’importanza determinante, ed è su quello che intende puntare il Presidente del Consiglio. Sono circa un milione e mezzo gli italiani oltre confine, pari al 3% delle preferenze.
Che si tratti di cifre importanti lo dimostra anche la particolare attenzione rivolta al tema dal Comitato del No. Dieci giorni fa era stato annunciato un ricorso qualora avesse vinto il Sì grazie ai voti esteri. Nelle ultime ore è arrivato un nuovo richiamo dal Comitato, che ha invitato il governo a vigilare sui voti spediti per posta, evidenziando il rischio di irregolarità.
Bufera intanto sul presidente del Tribunale di Bologna Francesco Caruso che sulla sua pagina Facebook aveva definito la riforma costituzionale fondata su “corruzione” e “clientelismo”. La presidenza del Csm sta valutando un’azione disciplinare nei suoi confronti.