A conclusione del Giubileo Straordinario della Misericordia, Papa Francesco ha firmato, lo scorso 21 novembre, la Lettera Apostolica Misericordia et Misera, in cui ha concesso ai sacerdoti di poter assolvere il peccato di aborto. Una decisione che non ha mancato di suscitare molte polemiche, anche all’interno delle strutture ecclesiastiche. Bergoglio non è però nuovo a queste decisioni che sbalordiscono e rompono gli schemi. Da quando è stato eletto, infatti, sono molti i gesti e le parole di innovazione e cambiamento, che hanno spesso portato a reazioni contrastanti, tra le gioie dei progressisti e le delusioni dei più conservatori, nonostante il “Papa della Misericordia” abbia dimostrato di avere una politica e un magistero fuori da qualsiasi schema ben preciso.
«Fin dall’inizio la misericordia è stata fondamentale per Francesco, in quanto rappresenta un tema centrale del messaggio cristiano» precisa Stefano Maria Paci, vaticanista di SkyTG24. «Quest’anno ne ha dato prova in molti modi, non solo aprendo il Giubileo. Nei viaggi che fa, per esempio, va nelle periferie; quando i media puntano i fari su alcuni luoghi del mondo, lui invece va in altri posti». Bergoglio, però, non sbalordisce solo con i gesti di carità, ma «ha intessuto di misericordia anche le sue relazioni internazionali ed ecumeniche», ha rimarcato ancora Paci. «Francesco pensa sia importante mandare segnali forti in questo senso, non preoccupandosi del consenso».
«Colpisce però – continua il giornalista di Sky – che questo Papa così popolare, amato e rispettato al di fuori della Chiesa possa avere un po’ di critiche all’interno. Critiche che probabilmente sono destinate a crescere, seppur infinitesimali rispetto ai papati precedenti». Questo avviene «perché Francesco va molto veloce e alcuni uomini di Chiesa spesso fanno fatica a metabolizzare dei passaggi così rapidi». Nonostante ciò, secondo Paci «è praticamente impossibile accusarlo sulla Dottrina; quello che cambia veramente è l’approccio pastorale poiché cerca sempre di estendere la concezione della Misericordia, dove Dio perdona tutto».
I gesti di Papa Francesco, fin dalla sua elezione, hanno un sapore di profezia. È quanto pensa il teologo Vito Mancuso, che si chiede però «se questa lungimiranza sarà in grado di diventare istituzione». La questione fondamentale su cui interrogarsi, secondo il teologo, è «se tutto ciò sarà efficace anche dopo di lui e quindi gli auspici diventeranno dei canoni da seguire». Un importante passo in avanti, rispetto ai primi tempi, il Papa lo ha fatto proprio con la lettera di fine Giubileo Misericordia et Misera, poiché «si ha una precisa disposizione che va a toccare la struttura». Un risultato simile si potrà avere, secondo il teologo, con la vicenda del Diaconato femminile; «se diventerà legislazione – quindi una decisione a cui anche i futuri papi si dovranno attenere – allora ci si troverà di fronte ad un pontificato capace davvero di incidere e qualificarsi come una svolta». Anche per Mancuso, Francesco «non deve temere di andare avanti, anche con il rischio di perdersi qualche pezzo, come avvenuto per lo scisma lefebvriano, perché se non si innova, la Chiesa corre il rischio di essere sempre di più un fenomeno per pochi».
Una Chiesa non per pochi ma che sta cercando di riportare al suo interno più gente possibile è anche il pensiero di Marcello Pera, intervistato a margine della chiusura del Giubileo da “Il Foglio”. L’ex presidente del Senato è però molto duro nei confronti di Bergoglio, poiché a suo avviso Francesco, pur di avvicinare gente alla Chiesa «la sta secolarizzando», aprendosi alle istanze marxiste e mondane che provengono da molti strati della società contemporanea. Inoltre Pera vede una chiara e netta discontinuità del papa sudamericano rispetto ai suoi predecessori, con chiaro riferimento alla negazione dell’importanza dei cosiddetti “principi non negoziabili” di Benedetto XVI e al cambio di priorità, sia politiche che sociali.
C’è poi chi ritiene, come Antonio Socci sulle pagine di “Libero”, che il pontificato di Francesco sia stato disastroso per i tanti fallimenti che, secondo il giornalista, ci sono stati soprattutto in questi ultimi mesi. Dal flop di un «Giubileo disertato dal popolo cristiano», al viaggio in Svezia che ha creato in molti cattolici la sensazione di una «legittimazione morale di Lutero», fino ai Dubia dei quattro cardinali su Amoris Laetitia sui quali il Papa non ha risposto, creando «confusione pastorale e caos dottrinale». Un disastro che secondo Socci raggiunge l’apice con «il fallimento politico», poiché i temi ultra progressisti di Bergoglio – immigrazione, ecologia e apertura con l’islam – sono stati disattesi da molti voti popolari, in primis con l’elezione di Trump.
La conclusione dell’Anno Santo porta con sé, dunque, un tempo di bilanci per il Pontificato di Francesco e – come abbiamo visto – si è già aperto il dibattito su come continuerà il suo Magistero e dove porterà la Chiesa. Al di là dei consensi e delle critiche che gli vengono mosse, Francesco è destinato a sorprendere ancora e a rappresentare un punto di svolta importante per la storia del cattolicesimo e dello stesso papato.