Roma. «Scusate, non abbiamo capito». E’ la lettera di autocritica pubblicata ieri dal New York Times verso i suoi lettori. Dopo la débâcle dei sondaggisti, arriva oggi l’autocritica di giornalisti e commentatori che hanno seguito le Presidenziali Usa 2016. Vediamo quanto successo in questi mesi attraverso le riflessioni odierne dei principali quotidiani italiani.
«I media non si sono accorti di quello che succedeva intorno, e questa è una lunga storia. I numeri non sono stati solo una guida piena di indicazioni sbagliate per la notte elettorale: erano del tutto fuori strada» ha scritto ieri il New York Times. Vittorio Zucconi, firma storica di Repubblica, alla vigilia delle elezioni lanciava un avvertimento nel suo blog “La lunga strada bianca”: «in questo 2016 c’`è una motivazione in più che indurrà le grandi organizzazioni giornalistiche professionali, i “Mainstream Media”, alla cautela. Su di loro saranno puntati gli occhi degli elettori di Trump, convinti che le elezioni siano truccate e che i giornalisti siano parte del grande complotto internazionale per negare al loro idolo la Casa Bianca». Per evitare la «prova della “infamità”», conclude Zucconi, «meglio andare coi piedi di piombo che rischiare, nella paranoia creata e sfruttata da Trump, il piombo».
«Il trionfo di Donald Trump ha consegnato alla storia la catastrofe dei grandi media americani» scrive stamane Antonio Padellaro, editorialista ed editore de Il Fatto quotidiano, in riflessione intitolata “Vince Trump, perde il giornalismo”. «Giornali e giornalismo, nessuno escluso appartengono a un mondo vecchio che continua a tingersi i capelli pensando di essere ancora credibile e seducente. Purtroppo non è così» sentenzia Padellaro, «senza che per questo l’invadente online abbia soppiantato la capacità che aveva la carta di influenzare l’opinione pubblica». Sottolinea poi che «Molti di noi restano dell’idea che un titolone o un articolo ben scritto e documentato possano far mutare l’idea politica». Eppure «i lettori del New York Times e del Washington Post avrebbero comunque votato Clinton lasciando indifferenti gli elettori del Tycoon». Sulla tv Padellaro osserva: «non risulta che nessuna delle reti cosiddette liberal abbia eguagliato la forza evocativa della Fox News Network costruita per sputtanare quotidianamente i democratici». Il Guardian, sostiene ancora Padellaro, notava che «le uscite gli hanno permesso di ottenere l’attenzione costante dei mezzi di informazione, che pur trovando intollerabile il “politicamente corretto” non avevano il coraggio di ammetterlo».
Secondo la stampa di destra era tutto previsto. Camillo Langone, firma de Il Foglio, spiega lo «scollamento tra media e cittadini» nell’articolo odierno “La stampa è molto più a sinistra dei cittadini, In Usa come in Italia”. Libero stamane sottolinea che «l’analisi del successo americano non è difficile», così ripropone oggi “la profezia di marzo” scritta dal direttore Vittorio Feltri. Sulla stessa linea il Giornale che sottolinea “chi invece non sbaglia mai”.
Concludiamo con quanto scritto su Repubblica da Alexander Stille, corrispondente per Repubblica e New York Times: «pochi nel giornalismo (compreso me) hanno pensato verso l’inizio che Trump avrebbe vinto le primarie repubblicane». Eppure Stille ci ricorda che «la stampa ha fatto il suo mestiere con un lavoro certosino del controllo dei dati, notando gli errori, le esagerazioni, le invenzioni e le menzogne continue di Trump. Il New York Times ha abbandonato il suo tradizionale equilibrio decidendo di usare la parola bugie per le dichiarazioni erronee di Trump. Errore, quando viene ripetuto di continuo dopo essersi rivelato errore, diventa bugia».