A solo un anno dall’inizio del suo mandato, la commissione di Oslo gli aveva riconosciuto il Nobel per la pace. Ad essere giudicati straordinari, il suo impegno sul nucleare e il tentativo di rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra popoli. Tutto questo, però, sulla fiducia. L’immagine del primo presidente americano nero e della sua famiglia, infatti, aveva colpito nel segno l’immaginario americano. Aveva creato grande speranza, aspettativa e fiducia nel cambiamento. Aveva riportato l’attenzione sui valori della solidarietà, della collaborazione, della pace e della libertà. L’uomo di colore salito al microfono di Chicago pronunciando quel “Yes, we can”, era diventato in breve l’incarnazione del sogno di un popolo.
Cosa è realmente cambiato da allora? E soprattutto, cosa ha determinato un cambiamento di direzione così radicale con l’elezione di Trump? Un uomo indubbiamente di grande potenziale, tenace e diplomatico, ma che forse ha lasciato insoddisfatte troppe speranze, dando poca concretezza alle sue iniziative. Due mandati e otto anni di presidenza, in fondo, non hanno ridotto le tensioni razziali, né rallentato la decadenza del ceto medio e le tensioni con la Russia. Obama ha seminato delusioni in un Occidente che è oggi più debole di quello che aveva ereditato.
Facciamo dunque brevemente un bilancio del suo operato dal 2009 a oggi. Ammirabile è stato sicuramente il suo intervento sull’economia del paese, in quanto ha risollevato l’America dalla forte recessione del 2008. Al suo arrivo alla Casa Bianca la disoccupazione era all’8 per cento, ma grazie alle misure monetarie della Federal Reserve l’economia è tornata a crescere e la disoccupazione è arrivata al 4,9 per cento. 15,5 milioni sono stati i posti di lavoro creati. Risollevata inoltre, l’industria automobilistica, e salvate dalla bancarotta General Motors e Chrysler. Tuttavia non è riuscito ad impedire la polarizzazione dei redditi e di conseguenza lo schiacciamento del ceto medio, che ha perso sempre più certezze durante questi 8 anni.
Sugli esteri si fanno sentire le difficoltà del doversi muovere sulla scacchiera di un mondo multipolare. In quanto a terrorismo la mossa vincente è stata l’eliminazione di Osama Bin Laden, ma il ritiro troppo frettoloso da Iraq e Afghanistan e le incertezze in Siria hanno lasciato campo libero all’Isis, che nel frattempo ha conquistato terreno. Il passo falso ha permesso inoltre la penetrazione della Russia di Putin in Medio Oriente e di conseguenza la crescita della sua influenza sullo scenario globale. L’intelligence ha comunque fatto un buon lavoro, regolando le operazioni delle cellule organizzate e lasciando respiro solo a qualche episodio isolato.
Importante è stato anche l’accordo con Teheran, grazie al quale è stata sospesa la questione sull’uso del nucleare da parte dell’Iran. In più, nel 2014 il presidente ha annunciato l’intenzione di porre fine all’embargo con Cuba dopo 54 anni di isolamento commerciale. Tuttavia ad oggi il bloqueo risulta ancora in vigore, in quanto il Congresso continua a respingere le richieste.
Verrà ricordata indubbiamente la sua riforma sanitaria, che ha consentito a 12 milioni di americani di avere accesso alle cure mediche. Una riforma tuttavia, di portata limitata, dall’attuazione difficoltosa e soprattutto l’unica in 8 anni.
Notevole il suo impegno in quanto a diritti civili, tema particolarmente a cuore al presidente. Ha esteso a tutti gli Usa il diritto di matrimonio omossessuale e ha allargato i diritti alle donne e alle minoranze, mostrando quindi un atteggiamento di totale apertura. E’ risultato l’insuccesso più deludente però, quello sulla questione razziale. E’ infatti incredibile pensare che sia proprio lui a concludere il mandato in un clima così tanto teso, considerando gli episodi recenti avvenuti in California e a Cleveland, a Ferguson e a Baltimora.
Ora il compito di risolvere il groviglio americano spetta a Trump. Vedremo se una politica nettamente opposta a quella di Obama sarà risolutiva. Al di là delle diverse strategie, tuttavia, ciò che cambia è l’immagine del presidente nella sensibilità collettiva. E’ questo che forse più traumatizza la gente. La foto di famiglia del presidente e i valori che porta con sé, cede il posto all’immagine di sessismo, allo scandalo, alla provocazione, alla minaccia e al cinismo.
Colpisce la chiusa di Obama, che oggi posa ufficialmente la penna al tavolo della Casa Bianca. “A prescindere da quello che accade, il sole sorgerà al mattino e l’America rimarrà ancora la più grande nazione del mondo”. Parole, quelle dell’ex presidente, sempre di forte impatto emotivo. Resta soltanto però, un bel cameo inciso nella storia degli Stati Uniti.