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oncologo di fama mondiale
Una vita per la lotta ai tumori

È morto Umberto Veronesi
oncologo di fama mondiale
Una vita per la lotta ai tumori

di Nancy Calarco08 Novembre 2016
08 Novembre 2016
Umberto Veronesi

Umberto Veronesi in una immagine del 29 maggio 2000. ANSA/FARINACCI

È morto Umberto Veronesi. Il medico milanese, ex senatore e fondatore dello Ieo, si è spento a novant’anni. Specializzato nella cura del cancro, ha salvato moltissime donne dal tumore al seno.

Nato a Milano nel 1925, si è laureato in medicina e chirurgia. Ha lavorato all’Istituto dei Tumori nel capoluogo lombardo, diventando poi il Direttore Generale. Veronesi ha rivoluzionato il mondo della ricerca contro il cancro con l’Istituto Oncologico Italiano, inaugurato nel 1991, divenendo un esempio per la cura e la prevenzione a livello internazionale.

Ha messo a punto una tecnica rivoluzionaria: la quadrantectomia, per combattere il tumore alla mammella. Un intervento a impatto estetico meno invasivo, ma tanto efficace come la mastectomia, ovvero l’asportazione chirurgica.

Non fu solo quello a farne un uomo di ricerca apprezzato in tutto il mondo, piuttosto la visione “politica” della malattia, pensiero che nessuno in Italia ha mai avuto quanto lui. Il suo slogan è stato: “Si cura meglio dove si fa ricerca”.

Si è battuto per la creazione degli Irrcs, ossia gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Veronesi ha sempre guardato al futuro con positività: “Oggi bisogna ragionare globalmente. La ricerca è internazionale”. La medicina come strumento di crescita collettiva e di progresso.

Difensore dei diritti degli animali, sostenitore del testamento biologico nonché dell’eutanasia, nel 2003 ha creato la fondazione Veronesi per sostenere la ricerca e la divulgazione scientifica. È stato anche ministro della Sanità durante il governo Amato, dal 2000 al 2001, e senatore dal 2008 al 2011. Ha ricevuto tredici lauree honoris causa, nazionali e internazionali.

Da alcune settimane le sue condizioni di salute si erano progressivamente aggravate, circostanze che non hanno scalfito la sua forte personalità. Quando gli chiesero cosa lo spingesse a continuare nell’impegno della sua ricerca rispose: “Credo che il patrimonio d’idee che lasciamo quando il nostro corpo non ha più vita sia immortale. Non mi spaventa la fine, mi spaventa fare una brutta fine”.

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