Il voto che una parte del Paese vive come un mutamento di era, e un’altra come la premessa di uno sbocco autoritario, avrà conseguenze anche e soprattutto nella vita interna del Pd. Esistono due anime nel partito di Matteo Renzi, la vecchia Ditta. Pierluigi Bersani con Massimo D’Alema, i dirigenti venuti dal Pci per anni hanno combattuto Renzi fino a che non ha vinto: le primarie prima, le europee dopo. Si inseriscono nella fronda per il No alla riforma costituzionale. D’Alema riempie le platee del no insieme al all’ex leader della DC, Ciriaco De Mita, mentre la deputata del Pd Sandra Zampa, ex portavoce di Romano Prodi, attacca: “Vedo praticamente tutti quelli che hanno mandato a casa Prodi nello schieramento del No. C’è D’Alema ma c’è anche Mastella, c’è anche De Mita. Ci sono tutti quelli che non aiutarono Prodi”. Bersani attribuisce a Renzi la “responsabilità gravissima aver portato il Paese e la sinistra a questo grado di divisione”. E riceve subito l’affondo la vicesegretaria, ex bersaniana, Deborah Serracchiani: “Non stravolga la realtà ed eviti polemiche fuori luogo: Renzi non ha mai detto ‘fuori’ a nessuno”. Ma non basta, i cori da stadio di partecipanti alla Leopolda che invitano la minoranza ad uscire “fuori” dal partito riecheggiano. Disturbano militanti e circoli. Il segretario metropolitano del Pd, Pietro Bussolati prende le distanze “La vita non è un congresso”.
Ma il tema della riforma costituzionale diventa sempre più un pretesto, sullo sfondo emerge l’ombra della scissione. È Luca Lotti, il braccio destro del premier e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, a farla trapelare: “Se qualcuno vuole fare oggi al Pd cio’ che D’Alema e Bertinotti fecero all’Ulivo se ne assumerà la responsabilità” La scissione preoccupa il PD più che la riforma. Subito? Dopo l’esito del referendum? Sarà difficile tenere insieme il PdR (il Pd di Renzi) trionfante e la sinistra interna sconfitta. E in caso di vittoria del No, D’Alema sarà in prima linea a chiedere un nuovo governo e un congresso del Pd che in ogni congresso invita la sinistra a “riprendersi” il partito.
In questa lotta tutta a sinistra si inserisce il leader di Ala, Denis Verdini, che lancia un appello al segretario fiorentino: “Il Pd ormai è finito, tra Renzi e la minoranza le strade si dividono. Renzi si allei con noi e per il centro che vogliamo costruire”. Intanto sullo sfondo si profila l’ipotesi di rinvio del referendum: tra cinque giorni arriverà la decisione del giudice civile di Milano, Loreta Dorigo, sui ricorso contro il referendum presentato dall’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida, secondo cui il quesito sarebbe – in estrema sintesi – troppo eterogeneo per consentire una scelta consapevole dei cittadini. Secondo Onida il sì al ricorso porterebbe alla sospensione de“decreto di indizione del referendum”.