La peggiore campagna elettorale della storia americana terminerà domani: dopo mesi di risse tv, dibattiti, accuse e scandali, gli Usa sceglieranno il loro presidente. In Europa abbiamo subito questa campagna solo di riflesso, distratti dalle battute e dai guai dei candidati. Ma oltre allo stile agli antipodi, Trump e Clinton hanno ricette discordanti su tutti i grandi temi che si troveranno ad affrontare nel caso vincessero. Dalle relazioni con l’Europa, all’economia. E proprio sull’economia nazionale Donald e Hillary si stanno scambiando le ultime stoccate della campagna. I due candidati concordano nell’affermare la necessità di una stagione di investimenti strutturali. E la futura amministrazione ci si dovrà necessariamente confrontare.
Trump è un finanziere di Wall Street. La sua ricetta è un mix tra protezionismo, prima di tutto del mercato, e liberismo deregolamentato. L’idea sarebbe quella di intercettare i fondi necessari da altri programmi federali e dagli sprechi. Una profonda deregulation sulla tassazione finanziaria. Un’opera che cancellerebbe il 70% delle norme vigenti a Wall Street. Un doping per la crescita secondo gli economisti dello staff repubblicano.
La candidata democratica propone invece un piano completamente opposto, figlio della cultura keynesiana dello staff economico democratico. Il piano prevedrebbe un giro di vite sul trasferimento di capitali all’estero, soprattutto dei profitti industriali precedentemente spostati alla ricerca di regimi fiscali più tolleranti. Non solo, Clinton ha in mente anche una riforma più severa del sistema fiscale per le aziende.
Ricette diverse che riconoscono, però, la necessità di un nuovo New Deal, come sostiene oggi il Sole 24 Ore.it.