Le grandi banche britanniche si stanno preparando per trasferirsi fuori dai confini del Regno Unito, verosimilmente sul suolo europeo, nel primo trimestre del 2017. Anche gli istituti più piccoli prevedono di spostarsi altrove già verso Natale. A rivelarlo è Anthony Browne, il presidente ed amministratore delegato della British Bankers’ Assosiaction (Bba), in un articolo dal tono allarmante, pubblicato sul The Observer. Il Ceo dell’Associazione dei Banchieri Britannici individua nella crescente preoccupazione legata alla Brexit la causa dei trasferimenti delle banche britanniche. Infine, ammonisce: “Il dibattito pubblico e politico ci sta portando nella direzione sbagliata”.
Occorre ricordare che non sono ancora cominciate le trattative per Brexit, che dovrebbero iniziare entro la fine di marzo 2017. Nello scenario di confusione generale, si parla anche di “passporting rights”, il diritto che permetterebbe a una banca, internazionale o non, di operare nel resto del continente. Le banche però non rimarrebbero sul suolo britannico qualora venissero adottate soluzioni diverse, in qualsiasi misura inferiori al “passporting rights”. Al riguardo, Browne anticipa che il “regime di equivalenza” su cui si dovrebbe contrattare in futuro non ha il valore di passaporto europeo. Coprirebbe, infatti, solo pochi servizi bancari offerti dai grandi istituti e potrebbe essere revocato in qualsiasi momento. In ogni caso, Theresa May ha fatto intendere che il controllo dell’immigrazione sarà la priorità e ciò risulta essere in contrasto con l’adesione al mercato unico.
Anthony Browne non risparmia critiche né alla May né all’Unione Europea. Alla prima rammenta che la più grande fonte di esportazioni nazionali è il settore bancario, mentre alla seconda ricorda che le banche con sede a Londra prestano al sistema economico europeo 1,1 trilioni di sterline. L’avvertimento più importante riguarda il pericolo della creazione di un muro lungo il canale della Manica, che dividerebbe il mercato finanziario europeo in due.
Ricordiamo che dal 23 giugno, il giorno in cui il “leave” ha prevalso, la sterlina ha perso il 15% sul dollaro. Conseguentemente la Banca d’Inghilterra ha portato i tassi dallo 0.5% allo 0,25%.