Sono 120mila i profughi siriani che saranno ricollocati tra i Paesi dell’Unione Europea. L’hanno deciso i ministri interni dei Paesi membri a maggioranza qualificata, nonostante l’astensione della Finlandia e il “no” di Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania. “Fino a quando sono primo ministro, le quote obbligatorie non saranno applicate sul territorio slovacco”, ha detto il premier della Slovacchia, Robert Fico, spiegando che il suo Paese si rifiuterà di applicare il piano Ue per la redistribuzione secondo quote obbligatorie. Piano che si è reso necessario soprattutto per alleviare la pressione sugli Stati di confine, in particolare Grecia e Italia, dove ogni giorno sbarcano migliaia di profughi: da qui partiranno rispettivamente 50mila e 15mila richiedenti asilo. L’Ungheria invece, con il suo rifiuto al piano, ha automaticamente rinunciato all’espatrio di 54mila migranti: un equivalente numero di profughi partirà dunque l’anno prossimo da altri Paesi che dovessero essere in emergenza, compresi Italia e Grecia.
Solo qualche ora fa il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama avevano avuto un colloquio telefonico nel quale concordavano sulla necessità di una soluzione di questo tipo, in cui tutti gli Stati membri dell’Unione Europea accettassero un’equa quota di profughi. In più, la Casa Bianca ha reso noto che Obama e Merkel abbiano anche parlato di “come alleviare alla radice le cause del’ flusso di profughi, in particolare facilitando un transizione politica che possa unire la Siria”. Oggi, i Capi di Stato e di Governo si riuniranno a Bruxelles proprio per un Consiglio europeo straordinario sui migranti. Uno dei punti cardine potrebbe essere l’eventualità di rendere permanente il piano di redistribuzione dei profughi.
Corinna Spirito